Economia

Visco a caccia del "bis" in Bankitalia

Il suo mandato scade a novembre. Tra i papabili anche Gros-Pietro e Bini Smaghi

Visco a caccia del "bis" in Bankitalia

Il mandato di Ignazio Visco alla guida della Banca d'Italia scadrà a novembre ma le grandi manovre per scalare la poltrona di governatore sono già cominciate. Perché è vero che con l'arrivo della vigilanza unica europea la funzione di via Nazionale si è ridotta, con l'euro non è più istituto di emissione e quindi non governa più, attraverso massa monetaria e costo del denaro, l'economia (a quello ci pensa il suo predecessore Mario Draghi, ora al comando della Bce). Ma l'Italexit non è più tabù, visto che anche Mediobanca comincia a fare i conti con l'incapacità per un'Italia sempre più indebitata di rimanere nel «club». Le istituzioni nazionali mantengono anche molti poteri soprattutto quando il gioco si fa duro. Bankitalia ha perso le 15 big del credito passate sotto la diretta cura dell'Eurotower, però vigila su 462 istituti minori cui è riconducibile una quota del 18% del totale attivo del sistema. E nell'agenda di via Nazionale ci sono molte partite delicate: dalla gestione della nuova ondata di esuberi bancari al recupero della fiducia nel rapporto con i piccoli risparmiatori «bruciati» dal fallimento pilotato di Banca Etruria & C, poi dalle ex popolari venete e infine dal Monte dei Paschi.

La liturgia per la scelta del nuovo governatore è abbastanza semplice, sulla carta: la nomina è disposta con decreto del presidente della Repubblica (che quindi ha l'ultima parola), su proposta del premier, previa delibera del Consiglio dei ministri, sentito il parere - non vincolante - del Consiglio superiore della stessa banca che deve essere dato a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti. Lo stesso Consiglio superiore, su proposta del governatore, nomina il direttore generale e i suoi vice. Incarichi che devono essere comunque approvati con decreto del Quirinale promosso dal presidente del Consiglio dei ministri di concerto col ministro del Tesoro, sentito il Consiglio dei ministri. Il mandato del governatore dura sei anni ed è rinnovabile una sola volta. E fonti romane assicurano che Visco intende farsi avanti per un secondo giro.

Qualcuno, nelle stanze dei bottoni di Palazzo Chigi, fa però già capire che il prossimo governatore dovrà avere svolgere un ruolo più «politico» da mediatore con le pressioni che arrivano dall'Europa e in particolare da Francoforte. E Visco, promosso al vertice quando era vicedirettore generale, è un tecnico: in Banca d'Italia dal '72, subito dopo la laurea, per un lungo periodo è stato un po' l'enfant prodige di Palazzo Koch: il più giovane capo del servizio studi nella storia centenaria dell'istituto. Ecco perché come alternativa sarebbe già pronta una rosa di papabili successori. I nomi che circolano sono numerosi, dal presidente di Intesa, Gian Maria Gros-Pietro, economista con la stoffa da ministro, al banchiere che era arrivato a un passo dal diventare governatore proprio nel 2011 per poi essere sorpassato da Visco. Ovvero Lorenzo Bini Smaghi, già membro del comitato esecutivo della Bce e oggi presidente di Snam, di ChiantiBanca e numero uno del colosso bancario francese SocGen. Se invece, come era già successo nel 2011 con Visco, si preferisse una soluzione interna allora i candidati ideali potrebbero essere il capo della Vigilanza, Carmelo Barbagallo, o il vicedirettore generale Fabio Panetta. Quest'ultimo è anche il rappresentante italiano nella task force del Meccanismo di Vigilanza Unico (Ssm) che a Francoforte è guidata da Daniele Nouy. E in questo ruolo, quando il Consiglio di Vigilanza della Bce si è spaccato nell'alzare da 5 a 8,8 miliardi l'asticella del fabbisogno di capitale per Monte Paschi, non ha votato. Come lui, anche l'altro italiano in consiglio nonché omonimo di Visco, Ignazio Angeloni. Ex capo della divisione Rapporti Finanziari internazionali del Mef fino al 2008, ha lavorato a stretto contatto con Draghi e oggi è il funzionario del nostro Paese più alto in grado nella struttura che controlla le grandi banche. «Più tedesco dei tedeschi», dicono però di lui a Francoforte.

Gli stessi che giudicano il suo curriculum perfetto per chi dovrà gestire i rapporti di forza con gli «sceriffi» europei.

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