Economia

A Wall Street 110 miliardi di cedole

Attesi dividendi a doppia cifra nel 2018 dopo la riforma Trump

A Wall Street 110 miliardi di cedole

È partita col botto la stagione dei dividendi a Wall Street. Si viaggia su cifre da record, con quasi 110 miliardi di dollari distribuiti nel solo primo trimestre agli azionisti delle società quotate sullo S&P 500, il listino di riferimento della Borsa di New York. L'anno scorso l'ammontare delle cedole staccate aveva di poco superato la soglia dei 100 miliardi. L'incremento della cifra destinata ai soci è legato anche al maggior numero di aziende, 948 contro le 881 del 2017, che hanno ritoccato verso l'alto il premio a testimoniare un migliorato stato di salute o, meglio, le aspettative legate a un incremento futuro degli utili garantito dall'abbassamento delle aliquote fiscali. Conferma Howard Silverblatt, analista di S&P Dow Jones Indices: «Dati i livelli record di liquidità, i fondi rimpatriati sulla scia della riforma fiscale voluta dal presidente Donald Trump e la previsione di profitti record grazie alle aliquote più basse, il 2018 potrà essere il settimo anno consecutivo di pagamenti record. C'è il potenziale per un ritorno ad aumenti a doppia cifra».

Se consideriamo anche gli oltre 30 miliardi intascati dai manager di Wall Street sotto forma di bonus per i risultati 2017, sembrerebbe che non una sola nuvola stia transitando sopra i cieli della finanza a stelle e strisce. Non è così. Gli elementi di pericolo ci sono, e non pochi. A cominciare da quali decisioni prenderà sui tassi la Fed nei prossimi mesi per normalizzare la politica monetaria. Dopo il rialzo del mese scorso, le indicazioni fornite dai governatori della banca centrale Usa convergono su altre due strette entro dicembre. Ma non si può del tutto escludere la possibilità di tre giri di vite, soprattutto se l'inflazione - ormai vicina al target del 2% della Fed - dovesse surriscaldarsi per effetto di un ulteriore indebolimento del dollaro e a causa dei dazi che Trump sta imponendo, soprattutto alla Cina.

Il rischio di una guerra commerciale è tra l'altro in grado di impattare prima su Wall Street, e solo in un secondo momento sull'economia reale. Mentre la scorsa settimana le tensioni tra Washinhgton e Pechino parevano essersi attenuate, negli ultimi giorni il livello dello scontro è salito. Ieri la Casa Bianca ha attaccato il Dragone per aver messo dazi sui 128 prodotti di importazione Usa («La Cina distorce i mercati ed è la causa della crisi dei mercati dell'acciaio») e si prepara a rivelare un prossimo round di tariffe supplementari sulle merci cinesi.

Pechino prepara già la contraerea: «Se lo faranno - ha ammonito l'ambasciatore cinese a Washington, Cui Tiankai - prenderemo contromisure della stessa proporzione e della stessa intensità».

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