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Lo "sciagurato Egidio" ha chiuso la gelateria e insegna come si fa gol

Gianni Brera coniò il soprannome che lo rese famoso. Colpa delle reti mancate quando giocava nel Milan. Dopo una vita da venditore, allena i bimbi dell'oratorio: "I miei errori? Tutti i grandi bomber sbagliano"

Lo "sciagurato Egidio" ha chiuso la gelateria e insegna come si fa gol

I riflettori, ancora oggi, preferisce schivarli. È un po' la sindrome di Icaro, quella di Egidio Calloni. Quando arrivi troppo vicino al sole, rischi di scottarti. Lo sa bene chi, approdato al Milan a 22 anni con la promessa di segnare valanghe di gol, divenne famoso più per quelli sbagliati. Quel soprannome manzoniano coniato dalla geniale e perfida penna di Gianni Brera, lo «Sciagurato Egidio», gli è rimasto incollato per tutta la vita. E lui, timido ma orgoglioso, l'ha sempre sofferto. Chiudendosi in se stesso e rifiutando la ribalta. Tanto che, anche a distanza di 40 anni, ha sempre declinato gli inviti in televisione. Giorgio Porrà, altro grande giornalista, firma di Sky , lanciò un fortunatissimo programma con uno sguardo romantico sul pallone intitolandolo proprio « Lo Sciagurato Egidio ». Calloni all'iniziò si arrabbiò pure, sentendosi tirato in mezzo in quella che lui temeva fosse un'operazione per ridicolizzarlo. Poi, dopo diverse telefonate di Paolo Rossi, suo compagno di attacco al Perugia, decise di presentarsi in studio per una puntata in suo onore. Salvo tornare precipitosamente nell'ombra subito dopo.

Perché l'uomo è fatto così. Quando smette con il pallone non tenta nemmeno la carriera da dirigente e da allenatore. Gli opinionisti televisivi non esistono ancora e Calloni, come racconta lui stesso, si mette a lavorare, come una persona qualunque. «Ho deciso di rimboccarmi le maniche». Niente agi e ozi. «Ho aperto un bar e l'ho tenuto per qualche anno». Poi gli affari cambiano. «Ho chiuso l'attività e sono diventato rappresentante per l'Algida e la Motta». Professione venditore di gelati. Da Verbania, dove si è fermato a vivere quando ha chiuso con il pallone. Ogni mattina via sul furgone a piazzare cornetti, cremini e ghiaccioli nei bar di Piemonte e Lombardia. Chilometri al volante e i gestori dei locali da convincere. È bravo, funziona, l'Egidio. E la ditta si allarga. «All'inizio giravo con il furgone, così ho imparato il mestiere». Poi diventa imprenditore. «Gestivo i commerciali della zona che “battevano” i bar con i gelati».

Nel 2007, la sua vita cambia ancora. Il 12 luglio una macchina si schianta contro un platano. Al volante un ex calciatore con i capelli lunghi. È Calloni, vittima di un'ischemia cerebrale. Dopo la corsa in ambulanza in ospedale, il San Biagio di Domodossola, resta in coma. Ma l'Egidio è robusto, dopo nove giorni viene già dimesso. La sua scelta è un ritorno alle origini, al pallone, il primo amore, il sogno di bambino. Dal settembre di tre anni fa torna sul campo. «Alleno i bambini dei Piccoli Amici all'oratorio San Vittore di Verbania. Hanno tra i 5 e i 7 anni. Si divertono come matti e io mi diverto con loro». Non è una scuola calcio, non si insegna a marcare a zona e ad aggredire a centrocampo. «Facciamo giochi con la palla. Insegniamo i fondamentali. Stop, controllo e tiro. A questa età l'importante è vivere il gioco e divertirsi».

A Calloni basta così. «Avrei potuto allenare qualche squadra giovanile di un club di serie A o serie B, ma non mi interessa. Mi sono messo da una parte e vivo la mia vita». Sempre e comunque lontano dai riflettori.

Del Milan, del suo Milan, preferisce non parlare. «Bacca? Luiz Adriano? Leggo i nomi sui giornali, ma un voto al mercato non me la sento proprio di darlo». E pure a San Siro, quello che per quattro anni è stato il suo giardino, 31 gol in 101 partite, non mette piede da anni. «Ogni tanto mi invitano a Milanello e lì ci vado sempre molto volentieri». Sorrisi, pacche sulle spalle, ma finisce tutto lì. Poi l'Egidio riprende la macchina e torna in riva al suo lago Maggiore.

Eppure quelle quattro stagioni in rossonero sono state tutt'altro che da buttare. Calloni arriva al Milan dopo due nelle giovanili nell'Inter. Prima passa da Varese. Una stagione in prestito al Verbania: 15 reti in 38 partite di serie C. Torna al Varese e dopo otto gol il primo anno, nel 1973-74 con 15 realizzazioni è il capocannoniere della serie B. Nell'estate '74 il Milan lo acquista per farne il numero 9 del suo attacco. Il presidente Albino Buticchi mette la mano al borsellino: 850 milioni per il bomber e il suo partner d'attacco, l'ala Duino Gorin. In panchina c'è Gustavo Giagnoni, in porta è appena arrivato dal Cagliari Albertosi. In difesa c'è Maldera, ispira tutti l'Abatino Gianni Rivera. Il primo squillo di Calloni arriva il 27 ottobre, a Roma. Lo 0-0 sembra inchiodato. Poi a cinque minuti dalla fine Chiarugi mette in mezzo una punizione, Bet fa sponda di testa e su quel pallone morbido si avventa un numero 9 con i capelli neri alle spalle, girata al volo e il gol che regala il successo al Milan. Calloni si presenta così, con una semirovesciata di potenza. La prima delle undici gioie di quell'anno del bomber di Busto Arsizio. La sua stagione migliore è la seconda. Tredici gol in 25 partite. L'anno successivo il Diavolo alza pure un trofeo, la Coppa Italia. Calloni è protagonista. Con sei reti è il capocannoniere della competizione, la quarta dell'albo d'oro rossonero. In panchina c'è il Paron, Nereo Rocco, che Calloni capisce così così. L'allenatore gli urla sempre «Mulo», l'Egidio mette persino il muso prima di capire che in triestino vuol dire ragazzo. E la stagione dopo, l'ultima al Milan, la stella dell'Egidio al Meazza si sta spegnendo: solo due reti in campionato e a fine anno la cessione al Verona. Lì nacque la famosa frase di Beppe Viola, indimenticato genio di stanza alla Rai di Milano: «Calloni, sotto porta, sventa la minaccia». Lui, già ai tempi, non riusciva a passarci troppo sopra. «È vero, ero un giocatore normale e mi capitava di “ciabattare” sotto porta. Ma anche i grossi bomber di oggi sbagliano. Purtroppo al Milan in quattro anni vincemmo soltanto una Coppa Italia...».

Quella al Verona è una stagione sciagurata, che si chiude con la retrocessione in serie B dei gialloblù. Memorabile, per lo Sciagurato Egidio, il 6-2 subito a Torino contro la Juventus. «Segnai due gol, il primo su azione e il secondo si rigore. In mezzo però la Juve ce ne fece sei: doppiette di Virdis e Bettega, poi Causio e Benetti. Quel Verona non era male, ma la verità è che siamo partiti con il piede sbagliato e a un terzo di campionato eravamo già retrocessi». Ma alla quart'ultima giornata la prima vendetta sul Milan ingrato. Gol del vantaggio gialloblù e scudetto della stella rossonero in bilico. Ci pensano Rivera e Novellino a ristabilire il risultato e lui, che aveva «esultato» con le mani nei capelli, negli spogliatoi quasi si scusa con gli ex compagni.

Calloni resta in A, una stagione da riserva di Paolo Rossi a Perugia. Poi il Palermo in serie B. E in quella stagione 1980-81 l'Egidio consuma un'altra personalissima vendetta sul Milan. Il Diavolo è nella serie cadetta dopo la retrocessione d'ufficio per il calcio scommesse, il primo Totonero. Vincerà quel campionato ma una delle maggiori delusioni arriva nella trasferta del 29 marzo in terra di Sicilia. La squadra rosanero è nel caos, l'allenatore Veneranda è stato appena cacciato, il nuovo ancora non si vede. Sul prato della Favorita ci pensa l'Egidio. Tripletta: primo gol con un sinistro magico a giro su punizione dal limite. Lì non chiede scusa a nessuno: esulta a braccia alzate, corre con i capelli al vento. Sono tre delle 11 reti che contribuiscono a salvare la squadra, partita con cinque punti di penalità. Poi, prima di smettere, ancora un'occasione in serie A: otto presenze e due gol nel Como. A trent'anni il ritiro e la tanto cercata uscita dal cono di luce della celebrità.

Perché a chi glielo chiede l'Egidio lo ripete: «Apparire non mi interessa proprio».

Preferisce divertirsi ancora sul campo, calciando un pallone con i suoi bambini.

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