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Egitto, incontro Suleiman-Fratelli musulmani "Le proposte del governo sono insufficienti"

Incontro tra vice presidente, delegato da Murbarak, e Fratelli Musulmani per gestire la transizione. L'opposizione chiede le dimissioni del presidente e l'elezione di un nuovo parlamento. Appello di Benedetto XVI. Folla in piazza Tahir: il racconto audio della nostra inviata Rolla Scolari

Egitto, incontro Suleiman-Fratelli musulmani 
"Le proposte del governo sono insufficienti"

Il Cairo - Prove di dialogo. Benedette dagli Usa. Per la prima volta una gruppo di dirigenti dei Fratelli Musulmani incontra il vice presidente egiziano, Omar Suleiman, delegato dal capo dello stato, Hosni Mubarak, al dialogo con le opposizioni. I Fratelli Musulmani chiedono che "alle sedute del dialogo possano partecipare tutte le forze politiche e popolari del paese, compreso i rappresentanti della protesta di piazza Tahrir al Cairo". Inoltre ha aggiunto che "vogliamo andare a vedere fino a che punto sono disposti ad accettare le richieste del popolo, quello che è certo è che continueremo a chiedere le dimissioni di Mubarak" e l’elezione di un nuovo presidente e di un nuovo parlamento che rappresenti il popolo egiziano".

I Fratelli Musulmani: proposta insufficiente Nell'inedito incontro tra Suleiman e il potente movimento islamista, s’è discussa la possibilità di una transizione pacifica dal regime guidato dal presidente Hosni Mubarak. Ciononostante, i Fratelli musulmani hanno chiarito di ritenere "insufficiente" la proposta di creare un comitato che comprende il regime e alcune opposizioni per preparere le riforme costituzionali. L’ha spiegato Mohamed Mursi, alto responsabile dei Fratelli musulmani in una conferenza stampa. In precedenza, il portavoce del governo Magdi Radi aveva detto che i partecipanti al dialogo nazionale avevano concordato di creare un comitato per preparare emendamenti alla costituzione entro la prima settimana di marzo. Il portavoce inoltre aveva affermato che i partecipanti s’erano messi d’accordo su "una transizione pacifica di potere basata sulla Costituzione".

Il governo: concordi su transizione pacifica Secondo un comunicato del governodiffuso attraverso l’agenzia Mena, tutte le parti coinvolte nei colloqui concordano su una "transizione pacifica del potere in linea con la Costituzione". Lo riferisce la Bbc online, sottolineando che il documento fornisce esclusivamente la versione del governo, mentre non si accenna alle dichiarazioni in senso contrario (i Fratelli Musulmani hanno parlato di "proposte insufficienti"). Secondo la dichiarazione diffusa dalla Mena tutte le parti coinvolte sono d’accordo per una "seria, urgente e onorevole gestione della crisi che la nazione sta affrontando, considerando le legittime richieste dei giovani del 25 gennaio e delle forze politiche nazionali".

El Baradei protesta L’ex direttore dell’Aiea Mohammed el Baradei ha detto di non essere stato invitato al dialogo in corso tra Suleiman e le opposizioni, dialogo che ha definito "opaco". "Non sono stato invitato a partecipare ai negoziati, a questo dialogo, ma seguo quello che sta succedendo", ha detto el Baradei alla Nbc. "Il presidente è un militare, il vicepresidente è un militare e il primo ministro è un militare. Penso che se si vuole veramente incrementare la fiducia è indispensabile far parlare i civili ed è per questo che ho suggerito di mettere in atto un piano di transizione nel quadro del quale alla testa del governo di transizione ci sia una consiglio presidenziale composto da tre persone, e comprendente l’esercito". Parlando alla Cnn el Baradei ha anche criticato la confusione provocata ieri dalle dichiarazioni dell’inviato del presidente Barack Obama sull’opportunità di far gestire la transizione a Mubarak, sconfessate poi dall’amministrazione.

Proposte In un comunicato letto da Radi, il regime proponeva di togliere le restrizioni imposte sui media, l’apertura d’un ufficio destinato a ricevere i ricorsi sui prigionieri politici e il respingimento di "tutte le ingerenze straniere negli affari egiziani". "Questo comunicato è insufficiente", ha dichiarato Mursi alla stampa. "Le richieste sono sempre le stesse. Non hanno risposto alla maggioranza delle richieste, solo ad alcune e in maniera superficiale", ha precisato Essam al Aryan, un altro alto esponente dei Fratelli musulmani. Un partecipante alle trattative, in precedenza, aveva spiegato alla France Presse, anonimamente, che le rivendicazioni dell’opposizione non sono state soddisfatte e, in particolare, quella di portare in tribunale i responsabili delle violenze di mercoledì e giovedì scorsi, che hanno fatto almeno 11 morti. Suleiman ha anche rifiutato di assumere i poteri del presidente Hosni Mubarak. 

L'appoggio degli Usa Il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton ha espresso il proprio sostegno al dialogo avviato dalle autorità egiziane con il movimento politico dei Fratelli Musulmani. "Oggi abbiamo appreso la notizia che i Fratelli musulmani hanno deciso di partecipare al dialogo - che abbiamo incoraggiato - con le autorità", ha dichiarato Clinton alla radio americana Npr a margine della 47ma Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera. "Per dare un giudizio occorre attendere i risultati - ha detto il segretario di Stato Usa -, ma siamo stati molto chiari su ciò che ci aspettiamo dall’incontro" riferendosi agli appelli di Washington a favore di un processo di transizione trasparente, che include tutte le forze politiche egiziane.

Appello del Papa Per la prima volta da quando sono esplose le proteste di piazza e a circa un mese dell’incidente diplomatico tra Il Cairo e Santa Sede, il Papa prende la parola per chiedere che l’Egitto ritorni alla "pacifica convivenza". Lo ha fatto subito dopo l’Angelus, con un appello in cui si è rivolto direttamente a Dio, senza in nessun modo chiamare in causa o far riferimento a chi, nel Paese, ha responsabilità politiche. "In questi giorni seguo con attenzione la delicata situazione della cara Nazione egiziana", ha detto il Pontefice. Poi un’invocazione: "Chiedo a Dio che quella Terra, benedetta dalla presenza della Santa Famiglia, ritrovi la tranquillità e la pacifica convivenza, nell’impegno condiviso per il bene comune". Le parole del Papa acquistano particolare significato soprattutto se lette alla luce delle recenti frizioni diplomatiche tra Egitto e Santa Sede. L’11 gennaio scorso, infatti, il governo di Mubarak ha deciso di richiamare in patria per consultazioni l’ambasciatrice egiziana presso la Santa Sede, Lamia Aly Hamada Mekhemar. Il Cairo non aveva gradito i richiami arrivati dal Vaticano dopo l’attentato della notte di Capodanno contro una chiesa cristian-copta ad Alessandria d’Egitto, in cui morirono 22 persone. In particolare, erano state interpretare come un’ingerenza le stesse parole del Papa che parlando al Corpo Diplomatico il 10 gennaio, il giorno, quindi, prima dell’incidente diplomatico, aveva chiesto alle autorità dei Paesi mediorientali e ai capi religiosi musulmani di garantire ai «concittadini cristiani di poter vivere in sicurezza".

Poco più di una settimana dopo, il 20 gennaio, anche l’Accademia delle Ricerche Islamiche di Al Azhar ha congelato "sine die" il dialogo con il Vaticano.

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