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Elettrico, si fa sul serio: arrivano le colonnine Ma la strada resta lunga

Enel doterà l'Italia da 7.000 a 12.000 punti di ricarica. Ambrosetti: «Nuove opportunità»

Piero Evangelisti

Milano Dicendo che per la diffusione delle auto elettriche è necessaria la disponibilità di energia elettrica, possiamo sembrare seguaci del marchese De La Palisse, quello delle frasi scontate. Eppure ciò che, tra le altre cose (come il prezzo elevato e la mancanza di incentivi), blocca l'acquisto delle auto a emissioni zero è proprio la carenza di punti di ricarica. Motore di una vera evoluzione e anche questo è un po' lapalissiano in Italia è Enel che nella fase di sviluppo di una rete attraverso la divisione Global e-Solutions (ne ha parlato il direttore Francesco Venturini), ha commissionato una ricerca a The European House Ambrosetti. Lo studio, illustrato da Lorenzo Tavazzi, è stato presentato a ForumAutoMotive. Emerge che dal 2005 al 2016 le immatricolazioni di veicoli elettrici puri, e ibridi plug-in, a livello mondiale sono praticamente raddoppiate grazie a fenomeni molto localizzati, come la Norvegia, di cui vi parliamo più diffusamente in questa pagina, o la Cina che, come sempre, date le sue dimensioni, può fare la differenza nella crescita di una tecnologia e diventare il Paese trainante in quella che si comincia a chiamare e-Mobility Revolution. In Italia questa è ancora abbastanza lontana e la transizione verso l'elettrico, secondo lo studio, sarà molto lunga.

A fine 2016 sulle nostre strade erano infatti in circolazione meno di 10.000 auto elettriche. Eppure l'elettrificazione dei sistemi di trasporto auto, bus e truck è un'importante opportunità industriale e di modernizzazione, e può avviare un processo che potrebbe coinvolgere 160mila aziende e oltre 820mila addetti in Italia dove questo comparto, se adeguatamente curato e sviluppato, potrebbe portare entro il 2030 a un fatturato di 300 miliardi di euro. È una «torta» di proporzioni gigantesche di fronte alla quale non si deve guardare tanto al business quanto ai clienti, a quegli automobilisti che oggi continuano a preferire vetture alimentate a gasolio, benzina e, nei casi più virtuosi (e anche più risparmiosi), a metano o Gpl. Ci vorrebbe, quindi, una politica di respiro nazionale per promuovere la e-Mobility, provvedimenti che sono stati più volte promessi, ma senza atti concreti successivi per la mancanza di risorse o, come vengono chiamate, le coperture di budget (in un Paese dove vige un superbollo che da quando è entrato in vigore ha fatto perdere milioni all'Erario e migliaia di posti di lavoro in concessionarie e officine) per varare incentivi, o semplici benefici fiscali (pensiamo a quanto potrebbe fare la clientela business per la diffusione dell'auto elettrica) per chi sceglie una soluzione green.

Gli enti locali viaggiano in ordine sparso e anche loro non hanno risorse, e i costruttori stanno facendo la loro parte (oggi sul mercato italiano a disposizione dei clienti ci sono oltre 40 modelli tra elettriche pure e plug-in). Chi può fare la differenza in una maggiore diffusione delle auto elettriche è Enel che già oggi può contare su 3.500 stazioni di ricarica installate, su suolo pubblico e in edifici privati. Dal 1° ottobre Enel ha installato, nell'ambito del progetto Eva+, i primi 30 punti di ricarica Fast Recharge Plus che coprono la tratta Roma-Milano con colonnine collocate a circa 60 km l'una dall'altra che consentono di fare un «pieno» di energia elettrica in 20 minuti.

Trenta punti possono sembrare pochi (assolutamente salutati con entusiasmo dai possessori di auto elettriche che possono attraversare il Paese senza il patema di rimanere bloccati), ma Enel ha un piano molto più ambizioso che prevede l'installazione, entro tre anni, di un numero di colonnine che va da un minimo di 7mila a un massimo di 12mila con un investimento che potrebbe arrivare a 300 milioni di euro.

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