Economia

Gli esperti: il 2011 sarà l’anno dei mercati azionari

Nel complesso il 2010 delle Borse ha confermato le aspettative d’inizio anno, risparmiando agli analisti clamorose cantonate. E sebbene la natura dei mercati vieti comode previsioni alla vigilia, l’avventuroso esercizio di anticipare le tendenze si perpetua a ogni nuova stagione. Ci ha azzeccato chi ha scommesso sul recupero del dollaro, come il Wall Street journal nel tradizionale punto della situazione d’inizio anno, che ha però dovuto fare ammenda rispetto alla prevista debolezza dei corsi del greggio e all’annunciata riscossa delle azioni del comparto sanitario. E ci ha visto bene anche chi aveva pronosticato i rialzi di Wall Street, con l’S&P500 capace in un anno di guadagnare il 10,6%, e la generale seppure lenta uscita dalla crisi, con gran parte delle principali economie in nero, tra la crescita zero del Nikkei 500 e il quasi +15% del Dax.
Le sorprese in negativo sono giunte dalle performance delle Borse di Cina e Brasile, incapaci di rispecchiare economie in progresso rispettivamente del 10,5% e del 7,5%, con l’indice Shanghai Composite giù di quasi il 14,5% e il Brazil Bovespa in calo di oltre l’1,3% rispetto all’inizio dello scorso anno. La prudenza è l’atteggiamento prevalente tra gli analisti per il 2011, guardando al miglioramento dell’economia statunitense e alla fiducia, complici l’occupazione in crescita e l’inflazione sotto controllo, trasmessa da un’amministrazione Obama che sposta più al centro le proprie posizioni e che incoraggia i consumi, nonché ipotizzando il ritorno di numerosi investitori all’azionario dopo i crolli dei mercati e la fuga in massa del 2008. Ora gli occhi sono puntati sull’andamento di gennaio, memori dei pesanti cali passati in apertura d’anno, come cartina di tornasole per l’intonazione del mercato, che sembra promettere ampia volatilità. Destinata peraltro ad attenuarsi se la ripresa dovesse accelerare e convincere la Federal Reserve a rialzare i tassi d’interesse, cosa che i più danno per scontata nella seconda metà del 2011, da un lato con un impatto negativo sui principali titoli bancari e sulle obbligazioni, dall’altro causando il rafforzamento del dollaro e, dunque, mettendo un freno alla crescita delle esportazioni a stelle e strisce. Ciò che, per il Wall Street journal, dovrebbe confermare le previsioni di un anno foriero di guadagni di Borsa ridotti.
Conseguenza di un simile scenario, il prevedibile calo delle quotazioni di materie prime come oro e argento, che nel biennio passato hanno segnato forti incrementi, proseguiti nell’ultimo periodo non tanto per scarsità d’offerta quanto per le tensioni che ne hanno fatto dei beni rifugio. Per chi li avesse inseriti allora in portafoglio potrebbe giungere il momento di liquidare, tanto più se il governo americano, una volta deciso ad aggredire con forza un debito pubblico finora privo di argini, dovesse spingere sul dollaro, con l'effetto di penalizzare il metallo giallo.
In un tale quadro si colloca anche l’incognita della Cina, scrive sempre il Wall Street journal, alle prese con un’inflazione galoppante, il cui ritmo supera il 5% annuo. Per farla rientrare il governo del Dragone dovrebbe porre un freno all’espansione economica, iniziando a ridurre l'eccesso dei flussi di capitali che alimentano il trend inflattivo. Ma l’eventuale rialzo dei tassi di interesse americani avrebbe proprio un effetto di questo genere: ciò che si tradurrebbe in un ulteriore segnale positivo per l’economia intera.

Che oggi più che mai intende dare piena fiducia al coro intonato a un ottimismo di misura.

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