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Essere uomini (secondo lei)

Quando l'avevi incontrata a casa sua, dove fra l'altro ti aveva offerto una bibita squisita allo zenzero (era luglio e c'era un caldo terrificante) ti aveva già avvertito, che il suo prossimo libro non sarebbe stato un romanzo ma, a suo modo, una specie di autobiografia. Indiretta. E, a tratti, fin troppo diretta, dolorosa.

Essere uomini (secondo lei)

Quando l'avevi incontrata a casa sua, dove fra l'altro ti aveva offerto una bibita squisita allo zenzero (era luglio e c'era un caldo terrificante) ti aveva già avvertito, che il suo prossimo libro non sarebbe stato un romanzo ma, a suo modo, una specie di autobiografia. Indiretta. E, a tratti, fin troppo diretta, dolorosa. Elda Lanza li ha messi in fila, catalogati, infilzati con la sua ironia, ritratti perfino affettuosamente nonostante tutto, e in qualche modo etichettati, sotto «esperienze» che sono servite, alla fine, a riassumere il tutto con una frase-mantra: «La stupidità in amore è una cosa seria». Loro, quelli catalogati, sono ovviamente gli uomini, «l'altra faccia della Luna, nascosta, scura e prevedibile».

Si capisce, c'erano molti sassolini da levare su questi Uomini, così si intitola il libro (pubblicato da Salani, 144 brevi ma intense pagine, euro 14,90 il prezzo), che ha una copertina ingannevolmente leggera: proprio come l'autrice e le sue storie, divertentissime e molto tristi insieme. Si comincia con il primo, e definitivo: il padre. L'amore perduto, questo Elda Lanza non lo nasconde, lei che da bambina, di fronte alla madre in lacrime perché lui le aveva abbandonate entrambe, si sentì spiegare: «E tu non devi piangere. Le bambine come te non piangono».

Anche per trasgredire questa regola, come per tutto il resto, c'è voluto tempo. C'è voluto un cuore spezzato molte volte, poi un training alla Sorbona, fra il maschilismo di Sartre (per il quale «il cervello delle donne è incapace di riflessione»), le lezioni di «difesa femminile» di Simone de Beauvoir e le interpretazioni risolutive dell'amica che, di fronte ai tormenti d'amore di Elda, ancora affranta per l'inspiegabile marcia indietro di Virgilio (il «primo amore»), le chiarisce l'universo delle possibilità maschili: «Magari non gli funziona l'uccello...»; e poi ancora tradimenti, tradimenti, tradimenti, inerzia, perdoni mancati eppure concessi, umiliazioni insopportabili e però sopportate, vendette, altroché, osservazioni caustiche, complimenti a vagonate, vigliaccherie pure a vagonate, insomma tutto quello che si può raccogliere e sperimentare, sulla propria pelle, avendo a che fare con certi soggetti. Loro.

Perciò Uomini è un campionario non di campioni, ma di soggetti variamente bastardi, diversamente inabili all'amore, imperdonabili che se la cavano sempre, e riescono - perfino - a farsi sposare tre volte, nonostante l'acclarata incapacità a rimanere fedeli, e a mantenere una promessa. E se non è questa la tortuosità dell'amore, se non è questa l'assurdità realizzata di quando si dice «eterno»... «Incredibile, vero?» ti disse, pensando al marito, appunto, mollato e poi ripreso tre volte, sempre «come se niente fosse» (eppure era, è, eccome). Lei, col vestito in taffetà rosa a foglioline dorate, ragazza della Milano benissimo di corso Magenta che rivive in queste pagine, alla fine aveva capito tutto fin da subito: «Sono più forte di lui. Io lo amo e lui no. Lui è soltanto un uomo».

Ma non per questo ha smesso di amarli.

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