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Scoperti i capolavori razziati da Hitler

Nella casa di un pensionato ottantenne c'erano 1.500 preziose tele, tra cui opere di Picasso e Matisse

Scoperti i capolavori razziati da Hitler

Saranno state anche opere «degenerate», certo è che - almeno finora - avevano garantito al signor Cornelius Gurlitt cospicui guadagni. La sua casa era infatti meglio di un museo, traboccante di 1500 opere firmate da Picasso, Matisse, Chagall, Kokoschka, Marc, Beckmann, Nolde e Klee e molti altri. Il cosiddetto «tesoro di Hitler», confiscato durante il Terzo Reich e ritenute perdute, è stato ritrovato in un appartamento a Monaco di Baviera. Valore dei quadri: oltre un miliardo di euro. Fra le tele dei grandi maestri del Novecento, si contano circa 300 opere considerate dai nazisti come «degenerate» e confiscate ai collezionisti ebrei durante la dittatura del Führer. Un ritrovamento - quello avvenuto in casa Gurlitt - che fa venire in mente la trama del film «Il treno» (1964), pellicola di John Frankenheimer, tratto dal romanzo «Le front de l'art di Rose Valland»: un treno, pieno di capolavori rubati dai nazisti a Parigi, diventa la metafora del crollo della follia hitleriana. Durante la seconda guerra mondiale, in Germania, una task force di amanti dell'arte setacciava il Paese alla ricerca di capolavori che rischiavano di diventare «proprietà privata» delle alte gerarchie del Terzo Reich: storia raccontata pure nel libro «The Monuments Men» di Robert M. Edsel (George Clooney ha appena finito di registrare il film omonimo in uscita in questi giorni) e affrontata (sebbene in riferimento a un diverso contesto storico) alla Biennale di Venezia del 2011 da Amanda Pope e Tchavdar Georgiev nel documentario «The desert of forbidden art, la storia del collezionista e pittore Igor Savitsky»; un «eroe» - Savitsky - che durante il regime sovietico riuscì a salvare centinaia di opere d'arte censurate dal regime e a radunarle in un museo, in Uzbekistan, lontano dal Kgb. A dimostrazione di come, sul fronte dei «grandi ladri di arte», regime nazista e regime sovietico la pensavano allo stesso modo.

Secondo l'anticipazione del settimanale tedesco Focus, Cornelius Gurlitt, 80 anni, figlio del gallerista Hildebrand Gurlitt, ha vissuto dei proventi della vendita di alcuni dei quadri rimasti nascosti per decenni nella capitale bavarese.
«Fatto sta che dozzine di grandi opere credute perse per sempre - si legge sul sito Corriere.it che ha ripreso l'esclusiva di Focus - sono state confiscate dalla finanza bavarese in un appartamento nella zona di Schwabing, una delle più note della ricca Monaco, dove è vissuto indisturbato l'ormai ottantenne Cornelius Gurlitt, proveniente da una famiglia molto nota, ricca di compositori, esperti d'arte, fra cui il padre Hildebrand, molto conosciuto a suo tempo negli ambienti artistici, e deceduto negli Anni Cinquanta del secolo scorso». «Un ritrovamento sensazionale - spiegano le autorità tedesche - che aveva condotto alla confisca delle opere d'arte già nella primavera del 2011, rimasto tuttavia segreto fino ad adesso, per non pregiudicare le indagini». A essere fatale a Gurlitt fu, nel 2011, un viaggio di ritorno a Monaco proveniente dalla Svizzera: la polizia finanziaria, infatti, scoprì addosso a Cornelius ingenti somme di denaro in contanti. Da lì partirono i primi sospetti. La perquisizione del suo appartamento fece il resto. Gurlitt è stato denunciato, processato e assolto.

Giustizia rapida, in Germania.

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