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Accordo in extremis al Senato Usa. L'America riparte

Via libera al rifinanziamento delle attività di governo. Il leader repubblicano Boehner: "Abbiamo perso"

Accordo in extremis al Senato Usa. L'America riparte

Tanto tuonò che non piovve. Pressati dall'incombere della temutissima scadenza della mezzanotte di oggi (le sei del mattino di domani in Italia), i senatori americani hanno finalmente trovato un accordo di compromesso che porrà fine all'impasse fiscale che ha bloccato gran parte delle attività federali, il famigerato shutdown, ed eviterà agli Stati Uniti di precipitare nell'ancor più catastrofico default, il fallimento tecnico che tanto preoccupa politici ed economisti di tutto il mondo.
Il testo concordato dai due partiti approva misure sul breve termine, per dare il tempo a Capitol Hill e al presidente Barack Obama di discutere soprattutto sulla riforma sanitaria, Obamacare, che è il principale motivo di contesa tra le due parti che ha portato a un passo dal baratro. La bozza del Senato prevede un finanziamento delle attività governative fino al 15 gennaio e un innalzamento del tetto al debito fino al 7 febbraio. Il testo prevede inoltre che non sia impedito al Tesoro di usare in futuro misure di emergenza. Insomma, un accordo provvisorio, che rischia di veder riproposte all'inizio del 2014 gli stessi problemi.
Ieri pomeriggio, in attesa di una comunicazione ufficiale da parte del Senato a Washington, Wall Street ha subito reagito molto positivamente alle anticipazioni sull'accordo, facendo segnare in pochi minuti un guadagno di 200 punti dell'indice Dow Jones, pari a circa l'1,3 per cento.

Ieri sera dopo l'incontro con i suoi deputati, potenzialmente ancora foriero di gravi contrasti con gli elementi più radicali, che non sono pochi, lo Speaker repubblicano John Boehner ha riconosciuto quella che di fatto è una sconfitta per il suo partito e in modo particolare per la sua ala più conservatrice e combattiva, quella conosciuta come Tea Party: «Abbiamo combattuto e non abbiamo vinto - ha detto Boehner - non bloccheremo l'intesa al Senato. Non sarebbe per noi una buona tattica. Ma la battaglia per i tagli alla spesa e contro Obamacare (la riforma sanitaria voluta dal presidente e detestata dai repubblicani, ndr) continuerà».
Il presidente Obama ha commentato con sollievo l'accordo raggiunto dai senatori, incoraggiandone l'estensione alla Camera e una votazione rapida, dicendosi certo che il default potrà così essere evitato «per le famiglie e le imprese americane e per il mondo intero». Obama ha insistito sul fatto che il peggio è stato evitato senza che il presidente dovesse «pagare un riscatto per difendere i propri principi». Questo, ha aggiunto, «vale per il presente come per il futuro».
Il portavoce della Casa Bianca Jay Carney ha aggiunto un dettaglio choc: se l'accordo raggiunto al Senato non fosse votato dal Congresso, il Tesoro non sarà più in grado prestare soldi già da stasera, e nelle casse dello Stato resterebbe denaro liquido solo fino alla giornata di martedì.

I commenti della Federal Reserve e dell'agenzia di rating Standard&Poor's non sono particolarmente incoraggianti. Nel suo Beige Book, diffuso a poche ore dal possibile crack, la Fed fotografa una situazione dalla quale una cosa appare chiara: la crisi delle ultime settimane ha comunque lasciato un segno negativo. Lo shutdown e la minaccia di un drammatico default degli Usa stanno creando un clima di incertezza che pesa, e non poco, sull'economia americana. E i dati disponibili mostrano che ripresa e occupazione ne risentiranno.

S&P si dice convinta che quella raggiunta ieri notte sia una soluzione temporanea, con cruciali scadenze che si ripresenteranno presto, dando alla politica poco tempo per negoziare un'intesa duratura.

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