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Anche in Spagna i sindacati bloccano il Paese: sciopero contro la riforma del lavoro

Primo sciopero contro il governo di Rajoy. Sindacati e sinistra in piazza contro la riforma del lavoro. Spagna paralizzata

Anche in Spagna i sindacati bloccano il Paese: sciopero contro la riforma del lavoro

E' l'ottavo sciopero generale della storia democratica del Paese. La Spagna oggi si ferma. Treni, aerei, bus, praticamente è quasi tutto paralizzato. I sindacati protestano contro la riforma del lavoro varata dal governo di Mariano Rajoy con l'intenzione e la promessa di ridurre la disoccupazione (la più alta nell'Unione Europea) del 23% e di creare un sistema più flessibile.  

Dopo tre mesi di governo, il premier e leader del Partido Popular è costretto a fronteggiare il primo sciopero contro il suo esecutivo. In base a un accordo tra governo e i due sindacati, sarà garantito un servizio minimo di almeno un terzo dei treni locali e degli autobus, il 10% dei voli nazionali, uno su 5 di quelli europei. In serata sono previste manifestazioni in tutto il Paese.

Già nella notte si sono verificate le prime proteste e i primi incidenti tra i picchetti dei sindacati e gli operai che non aderiscono allo sciopero, ma secondo il ministero dell’Interno ci sono stati solo incidenti di minima entità.

I due principali sindacati del Paese hanno chiesto ai lavoratori di scendere in piazza per protestare contra una riforma che, a loro dire, consentirà alle aziende di licenziare più facilmente e ridurrà l’indennizzo per i licenziati a 33 giorni di salario per anno lavorato, rispetto ai precedenti 45.

Lo sciopero generale è appoggiato dal principale partito di opposizione, il Psoe di Alfredo Rubalcaba, e dai partiti della sinistra spagnola.

È la prima grande prova di forza sul fronte sociale per il governo di Rajoy, formato 97 giorni fa, a fine dicembre e arriva alla vigilia dell’adozione in consiglio dei ministri della nuova manovra da quasi 20 miliardi di euro (la seconda dopo quella da 15 miliardi varata già il 30 dicembre) annunciata dal governo per rispettare l’impegno preso con Bruxelles di ridurre dall’8,5% del 2011 al 5,3% a fine anno il deficit pubblico.

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