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Attentato a Beirut: 5 morti, 20 feriti

Un'autobomba è esplosa a sud della città libanese, nella roccaforte di Hezbollah

Attentato a Beirut: 5 morti, 20 feriti

Un attentato suicida ha colpito intorno alle 15 (le 16 in Italia) la periferia sud di Beirut, roccaforte di Hezbollah, uccidendo almeno 5 persone e ferendone oltre 70. L'attacco è avvenuto tramite un'autobomba che conteneva circa 30 chilogrammi di esplosivo.

Tra morti e feriti non c'è nessun membro libanese degli movimento sciita filo-iraniano, come ha riferito una fonte politica dello stesso Partito di Dio alla tv libanese Lbc, confermando che l’esplosione è avvenuta nei pressi di alcune abitazioni di leader degli Hezbollah, tra cui quella del numero due lo sheikh Naim Qassem.

Si tratta dell’ennesima autobomba che semina il terrore nella capitale libanese, colpita con una frequenza senza precedenti: quattro volte in cinque mesi. L’attacco non è stato ancora rivendicato ma due giorni fa fonti di stampa locali avevano annunciato l’arresto di un saudita, Majid al Majid, presunto leader di un gruppo qaedista che a novembre aveva rivendicato il duplice attentato contro l’ambasciata iraniana a Beirut. Solo pochi giorni fa, il 27 dicembre, il centro della capitale era stato scosso dall’uccisione, sempre con autobomba, dell’ex ministro Muhamad Shatah - membro della coalizione politica anti-iraniana - e di altre cinque persone. In quel caso, Saad Hariri, capo della coalizione, aveva puntato il dito in modo implicito contro l’Iran e il regime siriano.

L’intero quartiere a sud di Beirut, noto come Dahiye (periferia), è controllato dalla milizia filo-iraniana, impegnata da oltre un anno con migliaia di suoi uomini a combattere nella vicina Siria a fianco del regime di Damasco. E per questo è entrata nel mirino di gruppi sunniti estremisti, sostenitori della rivolta anti-regime siriano. A luglio scorso risale il primo attentato nella parte sud di Beirut. Ma il più grave si era registrato a Ferragosto, quando ben 27 persone erano state uccise in un’attacco analogo a quello compiuto oggi. Il 19 novembre un duplice attentato suicida contro l’ambasciata iraniana aveva ucciso 25 persone, tra cui l’addetto culturale iraniano e il capo della sicurezza della sede diplomatica, un dirigente militare di Hezbollah. All’inizio di dicembre un alto membro del Partito di Dio, Hasan Laqqis, responsabile della fornitura in Libano degli aerei spia senza pilota (droni) di fabbricazione iraniana, era stato assassinato da sicari a Beirut. E pochi giorni dopo un’autobomba aveva preso di mira, per la prima volta, un campo di addestramento della milizia filo-iraniana nella valle orientale della Bekaa. Tutti i leader politico-confessionali libanesi e lo stesso presidente della Repubblica Michel Suleiman si sono affrettati a condannare l’attentato, definendolo un colpo alla stabilità e alla "pace civile" di tutto il Libano.

Trasversalmente, si sono tutti trovati d’accordo nel
definire l’attacco frutto di un "terrorismo che non esclude nessun libanese".

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