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Il bunga bunga di Jfk? Politicamente corretto

Escort, stagiste, Marilyn: un mito buonista, ma era un maniaco sessuale

Il bunga bunga di Jfk? Politicamente corretto

E va bene Marilyn Monroe. Quella è storia e non c'è più nessuno che possa discuterla. Ma poi c'è il resto. Parlandone da vivo, ci sono testimoni che raccontano John Kennedy, il mito di Veltroni e di un paio di generazioni, con la più desolante delle definizioni: un porco. Certo non sono operazioni nuovissime: si prende l'icona di un tempo remoto, si lascia da parte per un attimo il suo valore pubblico e si sbircia dal buco della serratura il suo privato. Puntualmente, non sembra vero di scoperchiare il pentolone del peccatore impunito. Sempre nuovo il gusto di scoprire che tutti i potenti hanno le proprie debolezze, le proprie meschinità, le proprie nevrosi. Dopo tutto, si legge già in Madame Bovary: non bisognerebbe mai maneggiare troppo il mito, perchè alla fine un po' di oro resta sulle mani.

E allora avanti anche con John. Tutto il resto, ben oltre Marilyn. Il Daily Mail, prontamente ripreso in Italia dall'implacabile Dagospia, si compiace di pubblicare l'aggiornamento che Sarah Bradford ha dovuto aggiungere alla biografia su Jacqueline Kennedy. Per gli amanti del genere, un capitolo imperdibile: testimonianze come dinamite. Parlando della moglie, finisce in pezzi il marito. C'è il Kennedy che «alle feste della Casa Bianca ballava con tante ragazze diverse, per cinque minuti ciascuna. Poi sparivano assieme al piano di sopra e tornavano dopo venti minuti». C'è il Kennedy che «prima di un party newyorkese chiede alla padrona di casa se le è possibile invitare un gruppo di belle ragazze. Dopo aver parlato con ciascuna di loro, emette la sua sentenza: prendo questa. E se la prende». C'è il Kennedy che «aspetta la preda direttamente nella piscina della casa Bianca, facendola arrivare dentro il bagagliaio di una macchina fidata».

C'è il Kennedy che «conosce una ragazza di 19 anni, Marion detta Mimì, per l'intervista su un giornale scolastico. Un anno dopo, Mimì è stagista alla casa Bianca: una sera, il presidente le chiede se vuole visitare gli appartamenti, lei gradisce e si ritrova nel letto matrimoniale, lasciandoci la verginità. Dopo quella volta, passerà la giornata facendo da segretaria: a mezzogiorno bagno in piscina con il presidente, la sera in attesa della chiamata per salire da lui». C'è il Kennedy che «si annoiava facilmente nel sesso, diceva che la varietà è il sale della vita: per questo cambiava continuamente donne, ma gradiva molto anche le orge, spesso con prostitute, come documentano i rapporti del Secret Service». C'è il Kennedy insaziabile e inarrestabile. Il Kennedy che «confessò al primo ministro britannico Harold Macmillan: se non faccio sesso almeno una volta al giorno mi viene un terribile mal di testa». Sostiene la biografa della moglie che ad un certo punto «diventò molto più chic, tra le donne d'America, non essere andate a letto con il presidente, per quanta gente ci era andata». Ma lei? Ma la moglie Jacqueline, la fascinosa e divina Jackie, in tutto questo? «Lei amava il marito e ha sempre pensato che lui davvero l'amasse. Pensava che John, oltre ad essere un buon padre, si sarebbe impegnato a diventare anche un buon marito. Ne era convinta. In qualche modo, accettava con rassegnazione un difetto di famiglia. Quando furono scoperte anche le tresche di Teddy Kennedy, consolò la moglie con queste parole: tutti i Kennedy sono così. Devono possedere ogni donna che sta loro intorno». Accettando questa variante del kennedysmo, Jacqueline accettò anche una vita di umiliazioni. Accettò tutto. Sapeva, c'era. C'era anche quando il marito sceglieva la ragazza, tra le invitate dell'amica, nel famoso party di New York. Come tutte le mogli innamorate, confidava d'essere comunque l'ape regina. Un po' santa e un po' martire.

Parola di biografa, se vale qualcosa.

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