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Europa divisa tra allarme ed entusiasmo

Toni preoccupati da Bruxelles, Germania e Francia. Le Pen e la Lega esultano: referendum anche da noi

Gli antieuropeisti, e gli anti euro in particolare, esultano, proponendosi di estendere l'esperienza svizzera nei rispettivi Paesi. Al contrario, Bruxelles e i Paesi più forti dell'Unione, Germania e Francia in testa, accusano il colpo e prevedono, quando non minacciano direttamente, conseguenze per Berna, salvo chiarire che non ve ne saranno a meno che la Svizzera decida effettivamente di limitare i liberi movimenti dei cittadini. È questo, a grandi linee, lo scenario delle reazioni europee il giorno dopo lo choc per il voto referendario elvetico su immigrazione e libera circolazione.

Conseguenze, è evidente, non ne mancheranno, considerato che la Svizzera chiederà di ridiscutere i trattati che la legano all'Unione Europea dal 2002. Bisognerà vederne la natura, e ci vorrà tempo. Per il momento pesano il severo giudizio della cancelleria tedesca («Il risultato del referendum svizzero pone problemi considerevoli», ha detto il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert), il giudizio secco del ministro degli Esteri di Berlino Frank-Walter Steinmeier («La Svizzera si danneggia da sola»), l'ironia acida della vice del Commissario europeo Barroso, Viviane Reding («Il mercato unico non è un formaggio svizzero coi buchi»), la presa d'atto risentita del capo della diplomazia francese Laurent Fabius («Rivedremo le nostre relazioni con la Svizzera»). E soprattutto la chiara minaccia del presidente socialista tedesco del Parlamento europeo Martin Schulz, secondo il quale se la Svizzera non potrà garantire la libera circolazione delle persone saranno in pericolo anche quelli sulla libera circolazione dei servizi, in base alla «clausola ghigliottina» che lega insieme tutti gli accordi siglati tra Berna e l'Ue.

Sull'altro fronte, se la godono intanto i vari Le Pen e Wilders, e in Italia la Lega. Marine Le Pen, leader di fatto del fronte anti-euro dell'Ue atteso alla prova del voto in maggio, parla di «prova di grande buon senso degli svizzeri», augurandosi che presto i francesi abbiano occasione di fare lo stesso. «Non si tratta di mettere un muro - ha detto la leader del Front National -, semmai una porta da aprire e da chiudere secondo gli interessi del popolo: un modo di agire che si chiama sovranità». Più misurata, restando in Francia, la reazione del partito sarkozista Ump, che nega che «un sistema di quote sia di per sé scioccante» e auspica «una politica di immigrazione selettiva e non subita». Il leader della destra populista olandese Geert Wilders affida a un «tweet» la sua felicità: «Può succedere anche da noi: limiti all'immigrazione e via dall'Ue. Quote per l'immigrazione, fantastico!».

In Italia, entusiasta il segretario della Lega Nord Matteo Salvini, molto preoccupata la ministra degli Esteri Emma Bonino. Per Salvini gli svizzeri hanno dimostrato di saper fare i propri interessi e siccome anche da noi si dovrebbe puntare allo stesso obiettivo, sarà la Lega a proporre un analogo referendum. E i governatori leghisti Roberto Maroni e Roberto Cota chiedono un incontro col premier Enrico Letta per ottenere l'istituzione di zone franche fiscali che facilitino le assunzioni nelle imprese lombarde e piemontesi.

Ma la Bonino pare più concentrata sull'«impatto piutosto preoccupante» del voto svizzero sull'Ue.

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