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Eva, altro che "casalinga disperata" Ora si dà alla politica (da ispanica)

La Longoria influenza Obama sull'immigrazione. E ha un ruolo come potente attivista per la comunità ispanica

Eva, altro che "casalinga disperata" Ora si dà alla politica (da ispanica)

Pare che all'inizio Obama le parlasse più che altro del marito. All'epoca del primo mandato, Eva Longoria era ancora sposata con Tony Parker, il campione francese dell'Nba. Poi i due hanno divorziato e Eva, piano piano è diventata una habitué di Washington e dei palazzi del potere. Ora è Obama ad ascoltare Eva, su un tema a lei molto a caro: l'immigrazione. La minuta e perfetta Gabrielle di Casalinghe disperate non ha abbandonato Hollywood, ma ha scoperto l'altra faccia della notorietà: la politica, e la possibilità di influenzare le masse. Nel suo caso quelle dei latinoamericani, che alle scorse elezioni hanno rappresentato il dieci per cento del voto; e tre quarti di questo voto è andato a Obama. Non è stato solo grazie al lavoro di Eva Longoria, texana di Corpus Christi e messicana di origine, ma certo la sua parte l'ha fatta: ha raccolto fondi, ha fatto propaganda in Florida, è stata una delle protagoniste alla Convention democratica.

È stato allora che Eva Longoria, la minuscola Eva - «disarmante», dicono, per bellezza e proporzioni da bambolina - ha fatto a pezzetti il discorso che lo staff della campagna aveva preparato: troppo «bla bla bla e troppo poca sostanza» ha spiegato al Wall Street Journal che le ha dedicato un lungo ritratto. Come una vera star, ma della politica. Anche se non parla di candidatura (ma non lo esclude in futuro) Eva Longoria era in prima fila lunedì al giuramento di Obama. È stata lei, con Tina Brown a organizzare la festa pre-insediamento al CafèMilano, il ristorante italiano più famoso di Washington, lo stesso dove il presidente ha portato a cena Michelle per il suo compleanno la settimana scorsa: ospiti bipartisan, perché l'agenda di Eva non è strettamente di partito. Il motivo non è solo politico: l'attrice ha milioni di fan repubblicani, è volto pubblicitario per cosmetici e patatine, è produttrice, ha una linea di profumi, una fondazione di beneficenza, un ristorante (latino, ovviamente) a Los Angeles. Eva si propone innanzitutto come attivista ispanica: portavoce celebre del mondo da cui proviene e che conterà sempre di più, perché secondo le stime la popolazione salirà dall'attuale sedici per cento al trenta per cento nel giro di qualche decennio. Non sono soltanto voti nell'urna, è anche business: infatti uno dei settori in cui si sta impegnando è quello delle case per gli ispanici.

Nei suoi progetti è riuscita a coinvolgere Bobby Turner dell'hedge fund Canyon Capital e Howard Buffett, figlio di Warren, il re della finanza americana: pare che Eva l'abbia convinto a firmare un assegno da due milioni di dollari per mutui agevolati ai giovani imprenditori ispanici texani cucinandogli una colazione a base di uova. C'è poi Futuro, associazione (ispanica) che ha raccolto fondi per la campagna di Obama e che ora vuole contare sui temi cari alla comunità. L'immigrazione è al primo posto: è sulla riforma che Eva Longoria vuole convincere il presidente ad agire, come già ha fatto l'anno scorso durante un colloquio diretto. L'ha pressato sul tema dei giovani immigrati, arrivati illegalmente quando erano ancora bambini e a rischio di espulsione: Obama si è preso a carico il tema. L'ha ascoltata. Del resto anche Eva ha ascoltato il presidente: lui le aveva consigliato di cancellare il tatuaggio sul polso che celebrava il matrimonio con Tony Parker, ormai finito. Eva ha obbedito. Non c'è niente di improvvisato nel suo cammino a Washington: si è messa a studiare scienze politiche, si è presa lo stesso consulente di Bono degli U2, si è schierata coi democratici, anche se tutta la sua famiglia, in Texas, è repubblicana. Dice Eva Longoria che lei non vuole essere «una di quelle celebrità miliardarie che non sanno quello di cui stanno parlando».

Soprattutto di quelle che non sanno quello che vogliono.

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