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Il fronte anti-Euro? È già diviso in partenza

Altro che euroscettici, chiamateli eurodivisi. Il fronte delle destre nazionaliste è già spaccato

Il fronte anti-Euro? È già diviso in partenza

Altro che euroscettici, chiamateli eurodivisi. Perché anche se dovesse riuscire a prendere forma alle prossime elezioni europee, il fronte delle destre populiste risulterebbe comunque spaccato. Lo è già. In linea di massima il minimo comune denominatore che li lega è il rifiuto della moneta unica e una vaga somiglianza delle politiche anti-immigrazione. Ma nel ginepraio dell'euroscetticismo emergono subito delle prime e sostanziali differenze. Innanzitutto c'è una spaccatura esiziale tra il leader dell’UKIP, Nigel Farage, e quello del Front National, Marine Le Pen. Il primo ha più volte preso le distanze dalla francese, affermando che non stringerebbe mai una alleanza con un partito che conserva l'antisemitismo nel suo Dna. E poi Farage è un liberista, vuole un'Europa pro-mercato e combatte contro quella dirigista, burocratica e piena di cavilli e regolamenti. Marine Le Pen invece è protezionista, vuole chiudere le frontiere e pensa a proteggere la produzione autoctona e lo stato sociale “alla francese” per i suoi cittadini. Ecco dunque che il fronte è spaccato in due all'origine.

Da un lato c'è quello che attualmente è il gruppo Europarlamentare dell’EFD (Europa della libertà e della democrazia) che annovera il partito di Farage, quello fiammingo, i Veri Finlandesi e la Lega Nord. Quest'ultima ha già annunciato che si unirà al Front National, insieme con l'olandese Wilders del Partito per la libertà (PVV). Ma tra Fn e Wilders l'unico vero collante è quello della politica anti-immigrazione. Perché l'Olanda di Wilders conferisce meno importanza agli aspetti economici e sui temi etici ha posizioni molto più liberali rispetto ai nazionalisti francesi. Inoltre i due partiti divergono sul giudizio sull'islam e sui diritti dei gay. E anche l'idea che hanno dell'Ue presenta sfumature diverse: Marine predica “sovranità nazionale” su moneta e bilancio mentre Wilders definisce l'Europa uno “stato nazista”.

Ma anche accantonando queste divergenze, per creare un vero fronte unico, tradotto in un gruppo europarlamentare, servono 25 deputati di almeno sette nazionalità diverse. E formare un gruppo equivale a ottenere uffici, funzionari, interpreti, fondi, maggiore tempo di parola nei dibattiti parlamentari oltre che maggiori possibilità di giocare un ruolo importante nelle commissioni. Insomma, il fronte Le Pen-Wilders-Lega Nord dovrebbe trovare altri quattro alleati. Un'impresa non proprio semplice.

Wilders ha aperto le porte ai secessionisti fiamminghi del Vlaams Belang, ai democratici svedesi di estrema destra, al partito della Libertà austriaco (Fpoe) e all'Alternativa per la Germania (Afd). Ma anche qui: il partito tedesco più che una uscita netta dall'Ue vuole una “dissoluzione ordinata dell'area dell'euro", sostiene che “la Germania non ha bisogno” della moneta unica, ma non è ben chiaro se l’obiettivo sia quello di tornare al marco o proporre il "Kerneuro", in sostanza un euro dei Paesi del Nord-Europa, o comunque due aree monetarie separate tra Nord e Sud. Tra gli altri punti del programma prevede poi l'elezione diretta del presidente della Commissione europea, un divieto assoluto sulla "migrazione sociale" e la cessazione immediata del programma, al momento solo annunciato dalla Bce, di acquisto dei titoli obbligazionari dei paesi maggiormente in difficoltà.

Nei partiti euroscettici della penisola Scandinava gli effetti della crisi dell'Eurozona si sentono appena e anche l'immigrazione illegale rappresenta un problema di relativa importanza. Quello che emerge piuttosto, come nei Veri Finlandesi, è lo slogan “Perché dovremmo pagare per il Portogallo?”. Si potrebbe dire che nei paesi nordici più che paura dell'Euro c'è paura di perdere lo status quo e di vedere declassato, in termini di ricchezza, il ceto medio. E poi c'è da vedere cosa farà il Movimento 5 Stelle che al momento ha rifiutato l'alleanza con la Le Pen e pare strizzare più l'occhio al partito di Farage. Nonostante tutto, fermo restando l'importanza dell'ondata dei partiti euroscettici (che non va affatto sottovalutata visto che le ultime stime prevedono l'elezioni di almeno 150 deputati), resta il fatto che l'asse della maggioranza parlamentare non cambierà e resterà sempre nelle mani di Ppe e Pse.

E se il fronte non troverà davvero un amalgama duratura, le possibilità di incidere nelle politiche comunitarie resteranno labili.

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