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Una guerra vera non c'è ancora: si sparano le bugie

Mosca nega la presenza (certa) di suoi agenti, la Cia ammette: il nostro capo era a Kiev

La «secessione» filo russa è già in atto in una dozzina, forse 15 città dell'Ucraina orientale. Un numero di capisaldi che aumenta di ora in ora con assalti di uomini armati agli edifici pubblici. Fra attivisti sulle barricate e paramilitari in assetto da combattimento ci sarebbero 12mila uomini pronti a combattere contro Kiev nel sud-est del Paese. Il presidente, Oleksander Turchynov, ha firmato l'ordine per una vasta operazione militare contro i ribelli. Però nelle stesse ore ha sventolato il ramoscello d'ulivo del referendum sul futuro federale del paese, cavallo di battaglia degli insorti filo Mosca. L'Ucraina è sull'orlo della guerra civile e basta un niente per far precipitare metà del Paese in un sanguinoso confronto armato fra pro russi e nazionalisti fedeli a Kiev, che porterebbe ad un intervento delle truppe di Mosca dispiegate in forze oltre confine.

Se alla guerra manca poco, quella dell'informazione con tanto di notizie inventate, manipolate e sparate come cannonate è già iniziata. Il primo aspetto tragicomico, come era capitato in Crimea, è la minaccia di ultimatum, che cadono puntualmente nel vuoto. In tre giorni il governo di Kiev ne ha lanciati due intimando ai ribelli filo russi di consegnare le armi e abbandonare i palazzi occupati. In risposta sono stati occupati nuovi edifici pubblici in altre città. Ogni volta Kiev promette rappresaglie con il ferro e con il fuoco, mai scattate. Domenica Roman Svitan, portavoce delle autorità ucraine nell'Est, annunciava che il gruppo speciale Alfa aveva facilmente liberato il quartier generale della polizia a Slovyansk, dove si sono sparate le prime raffiche. Notizia inventata e ieri i filo russi hanno occupato pure il municipio. Lo stesso ministro dell'Interno sulla sua pagina Facebook ha dichiarato che i pro Mosca contavano diverse vittime. In realtà è stato ucciso solo un capo locale dei servizi segreti e forse un ribelle.

Mosca giura attraverso il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, che non ci sono agenti russi nell'Ucraina orientale, ma Kiev intercetta gli operativi del Gru, il servizio segreto militare, infiltrati fra gli insorti che comunicano via radio con il comando oltre confine. Le agenzie di stampa occidentali «sparano» la notizia che l'Ucraina orientale è già stata invasa dalle truppe russe sotto mentite spoglie, come era accaduto in Crimea. In realtà gran parte dei ribelli armati sono ex soldati ucraini filo russi, Berkut, le teste di cuoio della polizia sciolte dal nuovo governo, cosacchi e ufficiali separatisti giunti dalla Crimea. Un tenente colonnello di Simferopoli, capitale della penisola, si è fatto filmare su YouTube mentre arringa i poliziotti ucraini disertori nell'Est. Il Dipartimento di Stato Usa elenca «dieci falsità» di Mosca sulla crisi esplosiva e accusa i media russi di propaganda in stile fiction. Però gli americani hanno dovuto confermare la rivelazione dell'Itar-Tass, che il capo della Cia si era recato segretamente a Kiev nel fine settimana. Nella guerra dell'informazione Lavrov ha gioco facile a denunciare «l'ipocrisia occidentale. Le violenze sfociate in decine di morti in piazza Maidan a Kiev sono state chiamate democrazia. Le proteste nel sud-est dell'Ucraina vengono considerate terrorismo». Non si possono certo definire «pacifiche» come fanno i russi, quando uomini armati assaltano edifici pubblici, ma l'intervento dell'esercito sarà la scintilla che scatena la guerra civile. Per non parlare dei paramilitari ultranazionalisti di Pravy Sektor, che si stanno mobilitando. Sui media occidentali non se ne parla, ma a loro volta avrebbero l'ordine di occupare gli edifici governativi a rischio o troppo arrendevoli prima che lo facciano i russi.
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