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Hollande, battaglia sul velo per coprire il disastro politico

A picco nei sondaggi, annuncia una legge che vieta simboli religiosi anche nelle aziende private. E con la scusa della laicità spera di nascondere il flop economico

Il presidente francese Francois Hollande con il primo ministro indiano Manmohan Singh
Il presidente francese Francois Hollande con il primo ministro indiano Manmohan Singh

È il «metodo Zapatero». Mentre la crisi morde e i numeri dell'economia sono impietosi, chi è alla guida del Paese, proprio come l'ex premier spagnolo tra il 2004 e il 2011, si fa paladino di grandi riforme sociali e per i diritti umani - dai matrimoni gay alla regolarizzazione degli immigrati irregolari - e finisce per suscitare una tale eco mediatica da oscurare i disastri personali e politici in tema di conti pubblici, occupazione e crescita. Ieri era la Spagna dell'«eroe» socialista Zapatero. Oggi è la Francia di François Hollande, appena un anno dopo il suo insediamento.

Il debito pubblico è sempre più fuori controllo - salito al 90,2% del Pil (+4,4% rispetto al 2011) ben oltre le più fosche previsioni -, il deficit al 4,8% invece che al 4,5% previsto, la spesa pubblica nel 2012 è avanzata del 2,9% in più rispetto al Pil e quella delle famiglie è diminuita altrettanto rispetto allo stesso mese dell'anno scorso, e il presidente che fa? Dopo aver promosso la legge sui matrimoni omosessuali che ha spaccato la Francia, portato migliaia di persone in piazza e rischia di tornare in Assemblea se il Senato, dove la sinistra ha una maggioranza più risicata, apporterà nuove modifiche, ora Hollande fa sapere che intende riprendere in mano un vecchio cavallo di battaglia della gauche, «la laicità dello Stato», e addiritura spingere la sua maggioranza a fare una nuova legge sul tema: «una necessità» secondo il presidente.

L'occasione per riaprire un grande dibattito nazionale è una sentenza della Corte di Cassazione, che qualche giorno fa ha annullato il licenziamento della dipendente di un asilo nido per discrimazione. La donna - impiegata in una zona urbana a forte presenza islamica, poco fuori Parigi, nel comune di Chanteloup-les-Vignes, regione Île de France - era stata licenziata perché indossava il velo dall'asilo Baby-Loup (una struttura privata che riceve finanziamenti pubblici), in base alla legge del 2004 che vieta l'ostentazione di segni religiosi nelle scuole, dalle croci vistose, alla kippa al velo islamico e tollera invece i simboli «discreti». Ma il giudizio della Cassazione, che ha annullato il licenziamento, sembra aver messo in discussione il principio della «neutralità religiosa» nelle scuole. Tanto che il ministro dell'Interno e dei Culti Manuel Valls ha parlato di «messa in stato d'accusa della laicità» e lo stesso Hollande - nel giorno dell'apparizione televisiva che puntava alla rimonta e che si è invece rivelata un altro flop (7 francesi su 10 non l'hanno trovato convicente) - ha fatto sapere che secondo lui è meglio ci sia un allineamento su questo tema «tra i servizi pubblici della piccola infanzia» e la scuola pubblica e non ha escluso che una nuova legge possa essere estesa alle imprese che hanno «un contatto con il pubblico o che svolgano una missione di interesse generale o di servizio pubblico». Insomma anche Hollande vuole entrare nel grande dibattito sul velo, insistendo sul divieto di esibirlo, come fece - parecchio criticato proprio dalla gauche - il suo precedessore Nicolas Sarkozy con la legge che nel 2011 introdusse il divieto di indossare il burqa nei luoghi pubblici.

È il «metodo Zapatero», che ha già portato Hollande e il governo Ayrault a spingere sull'acceleratore dei matrimoni omosessuali e che potrebbe portarlo a imbarcarsi in una nuova battaglia di principi e diritti in piena emergenza economica. Con l'aggravante che nel partito c'è già una fronda pronta a contestare il presidente, troppo vicino all'opposizione Ump su un argomento che la destra ha spesso utilizzato in funzione anti-islamica. Ed ecco che il ministro per la Città, François Lamy, vicino all'ex segretaria del Partito socialista Martine Aubry, dice la sua criticando già una linea che «da troppi anni costruisce la laicità solo sui divieti».

La proposta di una nuova legge diventa così l'occasione per chiamare alla mobilitazione il popolo della gauche e riempire i giornali - ieri la prima pagina di Libération - su temi di grande rilievo culturale ma privi di alcuna incidenza sulla crisi economica che più preoccupa le famiglie.

E i francesi sembrano sempre più delusi: il 56% ha decretato che la presidenza Hollade ha già fallito.

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