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Israele non ferma gli insediamenti Palestina a Onu: "Crimini di guerra"

Altri Paesi, Egitto compreso, convocano gli ambasciatori, dopo la decisione di Israele di costruire 3mila nuovi insediamenti

Operaio al lavoro a Ma'ale Adumin
Operaio al lavoro a Ma'ale Adumin

La disputa sui nuovi insediamenti che Israele intende costruire tra Gerusalemme e la Cisgiordania continua. E coinvolge nuovi giocatori a livello internazionale.

Dopo l'annuncio congiunto da parte di Gran Bretagna e Francia, che ieri avevano convocato gli ambasciatori in Israele, per discutere della questione delle nuove "colonie". E dopo i dubbi sollevati anche da Spagna, Danimarca e Svezia, oggi ad annunciare misure simili sono stati anche Australia, Brasile e non ultimo l'Egitto di Mohammed Morsi, garante della tregua da poco siglata tra Gaza e Israele.

Le perplessità della comunità internazionale non hanno tuttavia fatto desistere il Paese di Benjamin Netanyahu. Noncurante delle polemiche esplose anche in patria - critiche sono arrivate, su tutti, da Tzipi Livni, ex ministro degli Esteri tornata all'attività della politica in vista delle elezioni del 22 gennaio - Israele ha gettato la colpa della mobilitazione sugli Stati Uniti di Obama, accusati di fare "pressing" internazionale.

Mark Regev, portavoce del governo, ha spiegato che se l'autorizzazione preliminare per costruire nell'area E1, vicino all'insediamento di Ma'ale Adumim c'è già, a mancare è l'ok definitivo.

La Palestina scrive all'Onu

Una lettera inviata dai palestinesi alle Nazioni Uniti accusa Israele, che starebbe pianificando "crimini di guerra" con i nuovi insediamenti e chiede che il Paese sia ritenuto responsabile delle "violazioni e degli ostacoli posti al processo di pace in Medio Oriente".

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