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Israele è un paese più forte ma rimpiange la visione di Sharon

Nella sua ultima versione da vecchio saggio, sarebbe stato un elemento di equilibrio prezioso nel Medio Oriente di oggi

Sharon sul Monte degli Ulivi (Gerusalemme, 24 luglio 2000)
Sharon sul Monte degli Ulivi (Gerusalemme, 24 luglio 2000)

Da circa otto anni era in coma, e non poteva seguire le vicende del suo Paese. E ora che se ne è andato definitivamente, molti si chiedono se sarebbe soddisfatto della evoluzione che Israele ha conosciuto in questi anni, se condividerebbe la politica del suo successore Netanyahu e soprattutto quale giudizio darebbe sulla sua patria di oggi: una Israele forse più forte di quella lasciata da lui, meno pressata dal mondo esterno perché concluda finalmente un compromesso con i Palestinesi, ma anche più isolata e – specie per quanti riguarda la potenziale minaccia nucleare iraniana – più vulnerabile almeno in proiezione futura.

C'è sicuramente un punto su cui Arik Sharon, anche nella sua ultima versione più morbida e compromissoria, concordava con Bibi: che nessuna vera pace potrà mai essere conclusa con gli Arabi in generale, e con i Palestinesi in particolare, fino a quando questi non avessero riconosciuto a pieno titolo Israele come Stato ebraico, escludendo così ogni accordo sul diritto al ritorno dei profughi del '48 e dei loro milioni di discendenti.
Tuttavia, con la sua decisione di sgomberare senza condizioni la Striscia di Gaza (forse senza rendersi conto che presto sarebbe caduta sotto il controllo di Hamas, che non riconosce neppure gli accordi di Oslo e la legittimità di Israele), egli aveva in pratica abbandonato l'illusione, coltivata per decenni, della fattibilità di una grande Israele comprendente l'intera Cisgiordania, e con la fondazione del partito centrista Kadima, più moderato del suo vecchio Likud con cui era entrato in politica nel '73, si era in sostanza schierato per la soluzione dei due Stati.

Dopo l'ondata di terrorismo che aveva caratterizzato i suoi anni da premier, e che alla fine lo aveva indotto alla costruzione del muro, non era tuttavia disposto a compromessi sulla sicurezza, e certo non sarebbe stato meno intransigente di Netanyahu su questo punto. Anche perché era rimasto anche dopo la trasformazione in politico il militare che, in almeno due occasioni, aveva salvato il suo Paese dal disastro; e, se i negoziati avviati dall'Occidente con l'Iran perchè rinunci alla bomba non andassero a buon fine, avrebbe senz'altro favorito la soluzione militare.

Dopo la scomparsa di Sharon dalla scena politica, molte cose sono cambiate in Israele, forse non tutte nel senso auspicato dal vecchio generale. Kadima è diventata pressoché irrilevante, il Likud è tornato a dominare la scena, Netanyahu giudica probabilmente un errore l'abbandono senza garanzie di Gaza, tanto che due anni fa ha ritenuto di doverla attaccare per bloccare la sua attività terroristica. Il Paese si è rinforzato economicamente, e ha resistito assai meglio della maggioranza delle nazioni occidentali alla grande crisi, ma si è anche allontanato dagli ideali dei suoi padri fondatori, dando vita a una fortissima diseguaglianza tra una minoranza imprenditoriale e mercantile molto avanzata e una classe medio-bassa che fatica a tenere il passo. Si è accentuata la spaccatura tra la maggioranza laica, che Sharon aveva sempre sostenuto, e una minoranza ortodossa che pretende di condizionare la vita quotidiana dei cittadini. Il vecchio generale credeva nel capitalismo, ma si preoccupava anche che il Paese rimanesse compatto, senza gli accentuati contrasti sociali che hanno caratterizzato gli ultimi anni.

Quello che certo egli non poteva prevedere sono i cambiamenti che le primavere arabe, e quanto ne è seguito, hanno portato sulla scena mediorientale e cui Israele non sempre ha reagito in maniera coerente. Sicuramente, avrebbe rimpianto Mubarak, sarebbe stato contento (come del resto Netanyahu) della restaurazione dei generali dopo la parentesi Morsi e avrebbe avuto molti dubbi sulla politica occidentale di appoggio alla rivolta siriana.

L'Occidente non lo amava, continuava a rinfacciargli il coinvolgimento nella strage di Sabra e Chatila, ma di certo oggi, nella sua ultima versione di vecchio saggio dopo una vita avventurosa e talvolta scriteriata, sarebbe stato un elemento di equilibrio in un mondo che ne ha sempre più bisogno.

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