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Jfk, l'icona che la sinistra sfrutta da mezzo secolo

Ora Obama lo usa per lanciare Hillary Clinton. Ma è solo l'ultimo caso: Da Veltroni a Zapatero in tanti hanno cercato di brillare della sua luce

Jfk, l'icona che la sinistra sfrutta da mezzo secolo

Nessun leader dell'ultimo secolo può, a cinquant'anni dalla morte, vantare la popolarità di John Fitzgerald Kennedy: su di lui sono stati scritti 40 mila libri (di cui cento solo in occasione dell'odierno anniversario dell'assassinio), realizzati 2.500 tra film e documentari e a lui sono intestati, secondo un calcolo per forza un po' approssimativo, 60.000 tra vie, piazze, viali e parchi nel mondo intero. Da un recente sondaggio risulta che, sebbene negli ultimi 10-15 anni il revisionismo sul suo operato di presidente abbia fortemente intaccato il suo mito nell'opinione pubblica informata, quasi tre quarti degli americani continuano a professare fiducia in Jfk, a identificare kennedismo con idealismo, e a chiedersi che cosa egli sarebbe riuscito a realizzare se la sua vita non fosse stata stroncata dopo neppure tre anni di presidenza. In un certo senso, è stato trasformato in un'icona, un'icona che la sinistra occidentale ha tutto l'interesse a preservare il più a lungo possibile, perché giova ai suoi interessi politici ed elettorali.

Una frase della cronaca che il New York Times ha dedicato ieri alla cerimonia con cui Barack Obama, Bill e Hillary Clinton e la famiglia Kennedy hanno celebrato l'anniversario davanti alla tomba di Jfk al cimitero di Arlington è in proposito particolarmente significativa: «È stato un momento simbolico che ha riunito presidenti del passato, del presente e forse del futuro per rendere omaggio a un predecessore molto amato, la cui eredità ha contribuito alla loro formazione»: un chiaro riferimento alla ormai quasi certa candidatura di Hillary alla Casa Bianca nel 2016, la certificazione di una continuità ideale tra il leader assassinato e quella che potrebbe essere la prima donna presidente; una continuità affermata con forza anche da Kathleen, la «decana» della nuova generazione dei Kennedy, che ha affermato in una intervista: «L'eredità di zio Jack? Ora è il turno di Hillary».

Ma la signora Clinton non è certo l'unica a servirsi del mito di Jfk - l'uomo che per sua nipote «ha toccato l'anima dell'America e del mondo» - per promuovere le proprie fortune politiche. In Italia, kennediano doc si proclamò a suo tempo Walter Veltroni, in Spagna a Kennedy si rifece Josè Luis Zapatero, e ancora oggi, specie in Germania e nell'Europa dell'Est, un collegamento ideale con il «presidente martire» è considerato da molti uomini politici un plus. Per sfruttare al meglio il suo mito, bisognava naturalmente rafforzare la sua immagine di uomo di sinistra: dimenticare la campagna elettorale in cui accusava Eisenhower di debolezza con i russi, il suo assenso alla sciagurata impresa della Baia dei porci, la sua decisione di inviare i primi soldati americani in Vietnam, e mettere invece in rilievo la sua battaglia per i diritti civili dei negri (in realtà portata a compimento dal suo successore Lyndon Johnson), la famosa frase «Ich bin ein Berliner» con cui sottolineò il suo anelito alla libertà (suggeritagli in realtà all'ultimo momento dal cancelliere Brandt), la sua presunta battaglia per portare la pace nel mondo (contraddetta in buona parte dalla gestione della crisi dei missili Cuba). È stato anche importante tenere in vita il sospetto, mai suffragato da fatti concreti, che all'origine dell'attentato ci sia stato un complotto reazionario. E per anni e anni si è evitato di prestare troppa attenzione alle sue imprese sessuali, con segretarie ed attrici, prostitute e assistenti, che fanno impallidire quelle attribuite a Berlusconi e che - oggi come oggi - avrebbero causato la rovina di qualsiasi uomo politico in qualsiasi Paese. L'interrogativo, in questo anniversario tanto celebrato, è per quanto tempo ancora il fascino di Jfk resisterà di fronte a una offensiva revisionista - condotta per la verità da storici sia di destra, sia di sinistra - che con il passare del tempo assume sempre maggiore consistenza; in altre parole, per quanto tempo ancora proclamarsi eredi politici di Kennedy tornerà utile. Obama, con i suoi ripetuti insuccessi, potrebbe contribuire a dare un colpo al mito. Ma presso una larga fetta di pubblico il fascino del personaggio, giovane, bello, aitante e capace di parole ispirate, durerà a lungo.

Da solo, non servirà a vincere le elezioni, ma certo sarà di aiuto.

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