Mondo

L'alleanza tra Fratelli e Hamas porta le bombe nella capitale

Così il sogno della rivoluzione lascia spazio all'incubo del terrore

L'alleanza tra Fratelli e Hamas porta le bombe nella capitale

Bomba dopo bomba sono arrivati al Cairo. A ben vedere ci avevano già messo piede il 5 settembre scorso. Quel giorno Qaleed Badr, un ex maggiore dell'esercito convertitosi al terrorismo suicida, aveva fatto esplodere un'autobomba al passaggio del ministro degli Interni Mohammad Ebrahim. Quel fallito tentativo di vendicare la spietata repressione dei Fratelli Musulmani e dei gruppi islamisti avviata dai generali dopo la destituzione a luglio del presidente Morsi era sembrato un atto isolato. I quattro sanguinosi attentati susseguitisi ieri nella capitale hanno invece immediatamente cancellato le speranze innescate dal referendum del 15 gennaio quando gli egiziani hanno detto sì ad una nuova Costituzione.
I quattro attentati del Cairo sono il segnale di una strategia terroristica che punta a chiudere la capitale in un cerchio di paura e morte. La stessa strategia usata in Israele nella seconda intifada e in Iraq durante l'occupazione americana. La citazione di due Paesi ritrovatisi nel mirino dei kamikaze di Hamas e di quelli Al Qaida non è casuale. Negli ultimi sei mesi i generali golpisti, guidati dal generale Abdel Fattah al-Sisi e appoggiati dall'Arabia Saudita, non si sono limitati a metter fuorilegge la Fratellanza Musulmana e ad ucciderne e sbatterne in galera i militanti. In questi mesi l'esercito ha dichiarato guerra ai gruppi qaidisti del Sinai e avviato, nel contempo, un capillare smantellamento dei tunnel sotterranei da cui passano le armi e le munizioni destinate ai militanti di Hamas di Gaza.
La triplice azione repressiva ha trasformato il Sinai in una sorta di epicentro terroristico. La penisola, già rifugio delle frange più violente della Fratellanza Musulmana, è diventata il teatro di un'inedita alleanza operativa. Soffocati nella morsa d'Israele e dei generali egiziani, alcuni responsabili militari di Hamas hanno stretto un'intesa con quei militanti jihadisti del Sinai con cui avevano sempre rifiutato di collaborare per ragioni di concorrenza politica. Nelle sabbie del Sinai ha così preso corpo una piovra terroristica estremamente insidiosa dal punto di vista ideologico e operativo. Hamas, nata da una costola dei Fratelli Musulmani, si è sempre ben guardata dall'operare o colpire sul suolo egiziano. Ma ora la linea rossa è stata calpestata e questo potrebbe spingere molti altri Fratelli egiziani verso la lotta armata.
I risultati più immediati e visibili del connubio tra Hamas e il terrore jihadista sono però quelli operativi. Con l'entrata in gioco degli esperti messi in campo dai fondamentalisti palestinesi gli attentati suicidi si sono progressivamente spostati dalla penisola desertica al centro del Paese. Il primo segnale della tela di terrore tessuta intorno alla capitale è stato il massacro di 13 soldati messo a segno da un kamikaze il 24 dicembre scorso a Mansour, una città del Delta del Nilo, 110 chilometri a nord del Cairo. Ora un mese dopo sono già al Cairo.

E così, a tre anni esatti dalla rivolta contro Mubarak, il sogno della rivoluzione rischia di lasciar spazio all'incubo del terrore.

Commenti