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L'Argentina è di nuovo sull'orlo del maxi crac

L'agenzia di rating Standard&Poor's declassa il Paese: da CCC+ a CCC- con outlook negativo

Il primo siluro parte da Standard&Poor's. E va a segno: da ieri sera, il rating dell'Argentina passa da CCC+ a CCC- con outlook negativo. Come dire: le cose possono solo peggiorare. È il primo effetto della sentenza con cui la Corte suprema americana ha imposto a Buenos Aires di rimborsare per intero gli 1,3 miliardi di dollari investiti nei tango-bond dagli hedge fund Usa che non avevano accettato l'haircut sui titoli (un taglio di circa il 70%) in seguito al default da 100 miliardi del 2001. Eppure, se ci sarà, la bancarotta non dovrebbe avere conseguenze su scala mondiale. Il motivo è semplice: la terra di Borges e Maradona resta un pagatore poco affidabile per la comunità internazionale. Dunque, meglio girare al largo. A recuperare la fiducia certo non aiuta la nebbia che fuoriesce dalla Casa Rosada, oggi presidiata da Cristina Kirchner, per occultare la realtà economica. Qualche esempio? Per mesi, il governo ha raccontato la favola di un'inflazione al 10%, salvo poi correggere il tiro - forse per ingraziarsi l'Fmi - e ammettere che è pari al 22%. E il cambio? Libero di fluttuare verso il dollaro, il peso si è svalutato del 20%. In precedenza, un'inutile lotta col biglietto verde aveva desertificato le riserve valutarie, oggi non superiori ai 25 miliardi. Per rimpinguarle servirebbero capitali stranieri. Ma la battaglia ingaggiata con gli hedge fund Usa rischia di prosciugare i già scarsi flussi di capitali in entrata. Adesso tutti si chiedono quale sarà la prossima mossa di Buenos Aires. Saldare gli hedge fund? Follia pura: sarebbe il miglior sistema per essere tempestati dalle richieste di rimborso integrale da parte di tutti i possessori di bond. Meglio negoziare.

E incrociare le dita.

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