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L'era Obama in due copertine: uomo dell'anno, ma in grigio

Nel 2008 ritratto con i colori della speranza. Ora è cupo e preoccupato: punta ai grandi obiettivi (tasse e armi) senza escludere i compromessi

L'era Obama in due copertine: uomo dell'anno, ma in grigio

La foto è una firma: l'uomo dell'anno è grigio. È preoccupato, è cupo. Barack Obama viene premiato per la seconda volta da Time: lui è la faccia del 2012 che entra nel 2013. È diverso da se stesso di quattro anni fa: non ci sono più i colori, non c'è più lo sguardo fiero e dritto, non c'è più l'orgoglio, non c'è più la sfida. È come se si fosse passati dalla grande speranza all'ultima speranza. Vince lui, il presidente. Considerato l'emblema di quest'anno più di ogni altro. Quella foto spiega meglio di ogni motivazione. È la didascalia, il sottotesto e il sottotitolo. Obama oggi è il presidente che combatte due guerre, una attesa l'altra inaspettata. Quella attesa è contro il fiscal cliff, contro quel baratro in cui sprofonderebbero l'America ed egli stesso se Casa Bianca e Congresso non trovassero entro la fine dell'anno l'accordo per la riduzione del debito pubblico. Quella inaspettata, invece, è la battaglia nata dopo la strage di Newtown: controllare la diffusione di armi in America.

Un presidente così non può essere rappresentato da un manifesto ottimista come quello di quattro anni fa. Sta lì, di profilo, davanti a uno sfondo nero in un gioco che lo specchia con l'immagine della locandina di Lincoln, il film di Steven Spielberg che racconta la vita e i tormenti del grande presidente Abramo. Obama ha ancora in mano il Paese e l'ha dimostrato con le elezioni dello scorso 6 novembre. La gente ha cambiato opinione: è passata dall'entusiasmo quasi adolescenziale, alla delusione per poi fermarsi su una serena approvazione di massima. È un buon presidente, Obama. Uno che ha fatto qualcosa, ma che non ha cambiato tutto come aveva promesso. Il destino degli ultimi mesi gli ha dato la possibilità di giocarsi le partite più importanti entrando nelle case degli americani attraverso le tragedie. L'ultimo pezzo di campagna elettorale è stato nel pieno di Sandy, l'uragano che ha sconvolto la costa Est degli Stati Uniti. Obama ha saputo essere un presidente di salvataggio, uno in grado di dire la cosa giusta in circostanze così complicate, ma soprattutto di fare la cosa giusta. L'America ha scoperto un presidente affidabile e compassionevole, deciso e risoluto. Il contrario del sognatore che aveva fatto innamorare mezzo mondo nel 2008.

Forse Obama avrebbe preferito lasciare dietro di sé l'immagine di uno in grado di stravolgere gli equilibri, di rompere col passato, di rottamare tutto, l'inventore di una nuova era. S'è trovato a vestire i panni del saggio, del padre, del marito, del pompiere. La semplicità l'ha avvicinato alla gente più delle straordinarie parole che riusciva a dire in campagna elettorale. Non s'è ripreso la Casa Bianca grazie a Sandy, ma l'uragano ha dimostrato che il Paese si può fidare di lui. D'altronde tutto il primo mandato è stato così: piccole cose realizzate, cioè il contrario delle grandi cose annunciate. La riforma sanitaria, il rilancio dell'industria dell'auto, la ripresa della borsa, la disoccupazione mantenuta a stento sotto il livello dell'8 per cento. L'uomo dei grandi progetti è stato il presidente del passo dopo passo. Però li ha fatti. La copertina di Time adesso s'infila nello stesso binario: un dramma politico-economico (il fiscal cliff) e una tragedia di immagine (la strage di Newtown) sono le Sandy del secondo mandato. Obama deve dimostrare al Paese di gestirli, di governarli, di trasformarli in qualcosa. Persona dell'anno pensando che il tempo dei progetti globali è scaduto, che quella era una bolla scoppiata in fretta. Ora sei grande se realizzi qualcosa di meno eclatante.

Dicono che l'accordo per evitare il baratro fiscale possa essere raggiunto entro Natale. Dicono, invece, che la legge sul controllo delle armi sia un filo spinato. Lo era anche la riforma della sanità: quando il presidente pensava di fare lo scacco matto al Re e alla storia ha perso, poi ha giocato la sua partita per vincere uno a zero con un gol forse in fuorigioco e allora ce l'ha fatta. Le persone dell'anno si sanno anche accontentare. L'America non accetterà una legge che vieta la vendita di armi. Non servirebbe, non se uno studia le statistiche: negli ultimi anni il numero degli americani che possiedono un'arma è diminuito, ma le stragi come quella della scuola del Connecticut sono aumentate. Vietare totalmente la vendita di pistole e di fucili è impensabile. Obama ha bisogno di altro. La gente ha bisogno di altro. Limitare la vendita di armi d'assalto è il progetto. Qualcosa, quindi, non tutto. Un compromesso, semplice, banale.

L'uomo dell'anno ha capito che cambiare il mondo non è di questo mondo.

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