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L'Europa è già a due velocità Scontro tra rigore e crescita

In Germania il Pil cresce, in Spagna disoccupati a quota sei milioni. Il commissario Rehn: ora allentare l'austerity. Schäuble netto: "Mai"

L'Europa è già a due velocità Scontro tra rigore e crescita

È l'Europa a due velocità. Ma anche a due linee politiche. C'è un Nord del continente che cresce e un Sud che è allo stremo delle forze. E le situazioni opposte si riflettono in una battaglia che ieri è arrivata al vertice delle istituzioni europee. La cancelliera Merkel insiste col rigore e frena anche sui tempi dell'unione bancaria, che prevederebbe un fondo unico di garanzia per i depositi. Ma stavolta non trova sponda a Bruxelles. Ieri il vice presidente della Commissione europea ha Olli Rehn ha parlato chiaramente di allentare la stretta: «Rallentare il consolidamento del debito ora è possibile grazie agli sforzi fatti dai Paesi in difficoltà». Ma Berlino non cede di un metro, come è evidente dalla replica del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble: «È un errore pericoloso: è decisivo proseguire con il risanamento».

La Germania preferisce chiudere gli occhi sui devastanti effetti dell'austerity. In fondo che importa: tanto il Pil tedesco ha registrato un altro valore positivo. Pazienza se invece la Spagna ieri ha sfondato quota sei milioni di disoccupati (un livello mai visto da 37 anni) e il Paese è sceso in piazza di nuovo per protestare. E non c'è solo la disoccupazione record: Moody's prevede recessione per Madrid anche nel 2013. Ma è solo l'altro lato della medaglia. Il sistema bancario iberico arranca nel tentativo di riemergere dal buco nero della bolla immobiliare. Così male davvero mai, perchè tutto sembra andare a rotoli in questo paese che ora perde le vecchie ancore a cui aggrapparsi. Va male il calcio, perde il Barcellona contro il Bayern, viene bastonato il Real Madrid dal Borussia Dortmund. Una debacle in terra tedesca, la stessa terra che chiede austerità e rigore, la supremazia e la sottomissione, ora anche calcistica.

Traballa il Re, pericolosamente oscilla anche lui verso il declino. Gli scandali, l'accusa orribile di aver rubato soldi della regione, tanti soldi, sei milioni di euro, che pende sulla testa del genero di Juan Carlos, Urgandarin e della moglie, l'Infanta Cristina, figlia prediletta del Sovrano; i tradimenti continui e caparbi di un re vecchio e appassito. Non va. Il Paese non funziona. Economicamente, certo, lo mettono nero su bianco i dati; ci sono i numeri con quell'avvilente meno davanti a ricordarlo. Ma poi, ancora più pericoloso e devastante c'è l'umore, lo stato d'animo. Quella voglia di fare e di sperare che inizia a svanire dopo le sconfitte, troppe e su tutti i fronti, che rischiano di segnare e di avvilire. Le batoste allo stadio pesano forse più delle proiezioni di rating perchè a questo punto perdere sa più di disdetta, di un giro storto e bastardo che ha preso la fortuna.

Il Paese fa i conti e non tornano. La disoccupazione ha raggiunto il record di 6,2 milioni di persone, dati «drammatici», ha riconosciuto il governo del PP, presieduto da Mariano Rajoy. «Si lavora senza sosta» dicono, «perché la Spagna torni a essere un Paese di opportunità per tutti». Ma Bruxelles è tornata a reclamare «nuove misure di politica attiva di impiego e di sostegno all'occupazione».

Alcune centinaia di manifestanti, la maggior parte giovani, si sono riuniti ieri Congresso di Madrid per protestare, oltre 1.400 agenti sono stati schierati. A casa gli spagnoli fanno sforzi, sudditi ormai dell'austerità, si sono visti tagliare tredicesima, stipendio, bonus. Eppure, ancora non basta. Moody's punta il dito e come una iattura prevede: i rischi al ribasso per la Spagna sono materiali e derivano dalle deboli prospettive di crescita e dall'impatto si queste sulla traiettoria delle finanze pubbliche, con l'economia che tornerà a crescere, anche se moderatamente, solo nel 2014.

Tempi bui, in cui aiuta aggrapparsi ai valori, alle istituzioni, ai punti di riferimento di sempre. Non c'è Napolitano, a garanzia di tutti, che come un vecchio saggio acquieta le parti, ci sarebbe però il Re, la Monarchia, il vecchio Juan Carlos che salvò il paese dalla dittatura di Franco.

Ma quella Corona, che brilla sul vessillo monarchico ha smesso da tempo di splendere; il popolo, nella cattiva sorte, è solo.

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