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L'infarto "annunciato" per Yanukovich: giallo sulle condizioni

Due giorni fa Putin aveva detto: "Non ha futuro politico". Ieri la voce non confermata L'ex presidente è diventato ingombrante

Tre giorni fa, Putin disse nel corso di una conferenza stampa che Yanukovich, per quanto fosse tuttora il legittimo presidente dell'Ucraina, non aveva né futuro politico né possibilità di tornare in sella. Ieri, il giornale russo Moskovski Kosmolets, senza citare le sue fonti, ma tuttora non smentito dalle autorità, ha annunciato che Yanukovich aveva avuto un infarto e si trovava in fin di vita in un ospedale moscovita. Come ci ha insegnato Andreotti, a pensare male si commette peccato, ma spesso ci si azzecca: e nella fattispecie viene abbastanza naturale ipotizzare che il presidente (o ex presidente, a seconda dei punti di vista) ucraino, contro il quale il governo di Kiev ha spiccato un mandato di cattura attualmente all'esame dell'Interpol per abuso di potere e omicidio di massa e si è rifugiato in Russia, sia diventato ingombrante per il Cremlino e sia stato «aiutato» a scomparire dalla scena. Si tratta -ovviamente - solo di un sospetto, ma perfettamente giustificato dai metodi del Kgb, e in un certo senso, anche dall'andazzo dei tempi. Con le moderne tecnologie che permettono di comunicare facilmente con il mondo, lasciare in vita personaggi sconfitti che potrebbero un giorno o l'altro interferire di nuovo con gli eventi è giudicato pericoloso. Una volta, usava rinchiuderli, magari per il resto della vita come è accaduto alla mitica Maschera di ferro. Oggi è meglio tappargli la bocca per sempre, come è stato fatto con Saddam o con Gheddafi.

Rimane da vedere quale potrebbe essere l'interesse di Putin a sbarazzarsi di Yanukovich. La risposta più ovvia è che questi - pur sempre un ucraino per quanto amico di Mosca - fosse contrario alla politica di «russificazione», o addirittura di annessione, della Crimea. Nell'invadere la penisola, e dare luce verde al referendum che, salvo una diversa soluzione diplomatica della crisi, il 16 marzo dovrebbe sancire questa soluzione, Putin non ha solo sfidato l'Occidente, ma aperto una partita di diritto internazionale molto complessa. È vero che, secondo la Costituzione ucraina, questo referendum è illegale, e Kiev lo ha reso tecnicamente più complicato negando al governo regionale l'accesso al data-base con i ruoli degli elettori. Ma è altrettanto vero che il premier britannico Cameron ha autorizzato la Scozia a votare per la propria eventuale indipendenza in settembre, e che la Catalogna, sia pure contro la volontà del governo centrale, si appresta a fare altrettanto. Come può l'Occidente, è il ragionamento dello Zar, negare agli abitanti della Crimea, tra cui i russofili sono in netta maggioranza e che sono finiti sotto l'Ucraina solo per un capriccio di Kruscev, lo stesso diritto all'autodeterminazione?

D'altra parte, percorrere questa strada comporta due seri rischi: primo, giocarsi l'appoggio della Cina, prezioso in sede di Consiglio di Sicurezza, perché Pechino, che ha seri problemi con le aspirazioni secessionistiche del Tibet e dello Xinjang, vede la semplice idea di un referendum «indipendentista» come il fumo negli occhi; secondo, incoraggiare le repubbliche autonome islamiche del Caucaso che fanno parte della Federazione russa, la Cecenia, l'Inguscezia e il Dagestan, a reclamare un trattamento equivalente.

Se vuole giocare con qualche credibilità la carta «democratica» del referendum, Putin deve risolvere anche altri problemi: dargli almeno una parvenza di legittimità, sia riaprendo le porte del parlamento regionale alle opposizioni ucraine e tatare, che sono state escluse dalla decisione, sia ammettendo gli osservatori dell'Osce e dell'Onu che finora sono stati fermati senza complimenti dalle sue truppe sull'istmo che congiunge la Crimea al resto dell'Ucraina. Un risultato a lui favorevole sarebbe comunque assicurato, e la mossa allenterebbe la tensione. Inoltre, ora che Yanukovich non c'è più, deve trovare anche un altro personaggio da contrapporre a un governo ucraino che, secondo lui, è frutto di un golpe e perciò, nonostante l'incondizionato riconoscimento dell'Occidente che sta correndo in suo soccorso con aiuti finanziari di ogni genere, privo di legittimità.

La partita, in altre parole, rimane complessa e nonostante le parole grosse che in queste ore vengono usate da entrambe le parti, tuttora aperta a varie soluzioni.

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