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Marò, l'India assicura: "Niente pena di morte" Terzi: "Non mi dimetto"

Latorre e Girone a New Dehi: "Siamo militari, andiamo avanti". Il governo indiano: "Niente pena di morte". Il ministro italiano: "Strappo necessario, ora sono protetti". SCRIVI AL GOVERNO

Marò, l'India assicura: "Niente pena di morte" Terzi: "Non mi dimetto"

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono già arrivati in India a bordo di un aereo militare partito da Brindisi nella notte. Esultano i pescatori del Kerala per quello che rappresenta "una vittoria della loro battaglia". "Siamo militari, noi andiamo avanti e andremo avanti", hanno detto i nostri fucilieri, secondo quando riferito a Radio 24 daStaffan De Mistura
che li ha accompagnati. "I due marò sono convinti anche loro che questa è una decisione condivisa", ha aggiunto il sottosegretario agli Esteri, "La loro parola è importante quanto quella dell’ambasciatore. Sanno che l’Italia non li lascerà mai".

Intanto, il ministro indiano degli Esteri Salman Khurshid ha assicurato che i nostri marò, accusati di aver ucciso due pescatori indiani, non rischiano l'arresto e che la loro vicenda "non rientra nei rarissima casi in cui in India è prevista l'applicazione della pena di morte". Assicurazioni che il governo indiano ha dato prima di tutto all'Italia e che sono state condizione essenziale perché i du tornassero a New Delhi.

Per il ministro, inoltre, "la diplomazia ha lavorato bene", ma "la legge non cambierà il suo corso". Questo significa che i militari italiani "dovranno rispettare la sentenza della Corte Suprema". Il processo ripartirà il 2 aprile, presumibilmente senza conseguenze particolari per i marò che rientrano in India nei tempi prestabiliti. Per quanto riguarda il divieto di lasciare il Paese e la perdita di immunità imposti all’ambasciatore italiano Daniele Mancini, l’avvocato Dilijeet Titus che difende gli italiani ha detto che essi "erano legate al non ritorno dei marò e quindi automaticamente ora perdono effetto".

Tutto previsto per il ministro degli Esteri italiano, Giulio Terzi. In un'intervista a Repubblica, ha spiegato che ora "la situazione si sta normalizzando, e non stiamo mandando i nostri militari allo sbaraglio, incontro ad un destino ignoto. Non rischiano la pena di morte". Secondo il ministro, poi, lo "strappo" con il governo indiano era necessario per "contrattare le condizioni attuali, che prevedono per loro condizioni di vivibilità quotidiana nel Paese e la garanzia che non verrà applicata la pena massima prevista per il reato di cui sono accusati". L'Italia, insomma, non avrebbe mai avuto intenzione di non mantenere la promessa fatta all'India, ma avrebbe "bluffato" per ottenere "mutuo rispetto": "Le iniziative delle procure militari e civili hanno dimostrato che anche dal punto di vista della nostra giustizia Roma non sta con le mani in mano".

Palazzo Chigi, inoltre, difende Terzi smentendo la ricostruzione della seduta del Cisr: non ci sono stati nessuna accusa e nessun "processo" al ministro degli Esteri per la vicenda dei due Marò tornati in India.

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