Mondo

Niente segreto di Stato Il Sismi a processo per il caso Abu Omar

Altro che segreto di Stato. In pieno rigurgito del terrorismo islamico, dalla Cassazione arriva una sentenza destinata a pesare non poco nei delicati meccanismi dell'intelligence e nei rapporti tra i nostri 007 e quelli degli altri paesi. Ribaltando le sentenze del tribunale e della Corte d'appello di Milano sul caso Abu Omar, i giudici della Suprema corte spazzano via il «non luogo a procedere» contro i vecchi vertici del Sismi, il cui operato nella sparizione dell'imam estremista egiziano nel 2003 era stato coperto con il segreto di Stato sia dal governo Prodi che dai governi Berlusconi: Nicolò Pollari, già direttore del servizio segreto militare, il suo ex braccio destro Marco Mancini e altre tre «barbe finte» dovranno affrontare un nuovo processo a Milano, davanti a una sezione della Corte d'appello diversa da quelli che li prosciolse nel dicembre 2010. Per Pollari e Mancini, la Procura della Repubblica aveva chiesto la condanna rispettivamente a tredici e dieci anni di carcere.
La Cassazione conferma invece, rendendole definitive, le condanne ai ventitrè agenti della Cia accusati di avere partecipato, ognuno per la sua parte, a prelevare Abu Omar in via Guerzoni, a Milano, a caricarlo su un furgone e a spedirlo - via Aviano e Ramstein - in un carcere egiziano. Bob Lady, capocentro Cia a Milano, è condannato definitivamente a nove anni di carcere, e a sette anni i componenti del nutrito commando che - in modo oggettivamente maldestro, seminando tracce di ogni tipo prima e dopo l'impresa - parteciparono alla rendition. Nessuno dei ministri della Giustizia avvicendatisi negli ultimi sei anni ha mai chiesto la loro estradizione, nonostante le insistenze della Procura milanese, e se oggi il Guardasigilli Severino dovesse chiedere agli Usa la consegna degli uomini Cia ben difficilmente troverebbe soddisfazione: ammesso e non concesso che agenti segreti americani con quei nomi e cognomi esistano davvero. Ma l'impatto sui rapporti tra i servizi segreti italiani e quelli americani sarà inevitabile. E non solo per il milione di euro di risarcimento che gli statunitensi dovranno versare al predicatore radicale.
A venire messa in discussione dalla sentenza della Cassazione, per quanto se ne può intuire in attesa delle motivazioni, è la pietra angolare su cui si basarono le decisioni dei giudici di primo e secondo grado: e cioè la convinzione che qualunque cosa sia successo (i servizi americani informarono quelli italiani delle loro intenzioni? Ne ottennero un «va bene», un supporto concreto? O un fermo diniego, come sostiene Pollari? O una promessa, come dire, di indifferenza?) tutto questo tema è coperto dal segreto di Stato: nella interpretazione che ne diede la Corte costituzionale intervenendo proprio sul caso Abu Omar, quando con una sentenza assai chiara stabilì che esiste un bene supremo chiamato sicurezza nazionale, da cui dipende la sopravvivenza stessa delle istituzioni; e che davanti ad esso anche le indagini della magistratura devono fermarsi.
Di fronte alla nettezza della decisione della Consulta, sia il giudice Oscar Magi, titolare del primo processo, che i suoi colleghi della Corte d'appello (e in nessuno dei due casi si trattava di giudici sospettabili di sudditanza verso i nostri servizi segreti) riconobbero l'impossibilità di pronunciare una sentenza a carico di Pollari e dei suoi sottoposti. La condanna dei ventitrè 007 a stelle e strisce era arrivata sulla base delle imponenti prove materiali: d'altronde lo stesso Bob Lady, in una intervista al Giornale, aveva sostanzialmente ammesso agli addebiti («in fondo anche la guerra di Troia fu un operazione illegale»); e la pratica delle rendition, inaugurata dal presidente Bush, è continuata tranquillamente sotto la presidenza Obama. Ma per giudicare gli agenti segreti italiani, avevano stabilito le sentenze, si dovrebbe andare a scavare proprio su quei terreni - le relazioni bilaterali tra servizi segreti, l'organizzazione interna della nostra intelligence - che due governi e la Consulta hanno ritenuto coperti dal segreto di Stato.
Ora la Cassazione ribalta questa impostazione ordinando un nuovo processo d'appello che dovrà essere celebrato in fretta e furia per non essere vanificato dalla prescrizione. «Ribadisco che sia il Sismi sia il sottoscritto sono totalmente estranei a questa vicenda», commenta Niccolò Pollari: che ricorda di essersi avvalso del segreto di Stato solo perché gli venne ordinato dal governo. Mentre Luciano Seno, che è stato un eroe della lotta alle Brigate Rosse e si ritrova ad essere per ora l'unico 007 italiano condannato (insieme all'archivista e dossierista Sismi Pio Pompa) appare sconsolato: «È una sentenza incredibile.

Vengo condannato solo per avere passato il telefono a un mio superiore».

Commenti