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Odessa, la città delle speranze infrante

La bella città sul Mar Nero è diventata il simbolo dell’ondata di odio che sembra essere in procinto di divorare l’Ucraina ma, in realtà, è solo uno dei focolai di rivolta sparsi per il suo territorio. Si è ancora in tempo per fermare quel che si prospetta come un immenso incendio?

Odessa, la città delle speranze infrante

Disordine, violenza, morte. Tre parole che scavano, nell’immaginazione, una voragine di sconforto ma che, a Odessa, sono il tangibile e terrificante prodotto di una realtà assai caotica. In tali condizioni non soltanto è per noi difficile ricostruire con scientifica esattezza cosa sia successo nell’ormai famoso palazzo dei sindacati, dove hanno trovato la morte oltre quaranta persone tra quelle che vi erano asserragliate ma, per di più, si è portati a mettere da parte la speranza che si tratti di un fatto che possa rimanere isolato. Di città come questa ce ne sono tante, sparse qua e là sul vasto territorio di quella che si potrebbe definire “l’ex” Repubblica Ucraina. Cosa accadrà nei prossimi giorni, forse nelle prossime ore?

Il precedente di Kiev

La strage di Odessa, in base alle poche notizie a nostra disposizione, ci porta a ricordare un episodio dalla dinamica analoga avvenuto a Kiev il 19 febbraio scorso, proprio in seno ai moti di piazza Majdan. In tale occasione i rivoltosi presero d’assalto la sede del “Partito delle Regioni”, quello diretto dall’allora Presidente Victor Janukovyc e, appiccandovi un incendio, uccisero un funzionario e ne ferirono altri. Si trattò senza dubbio di uno dei giorni più drammatici di quel periodo e, solo tre giorni dopo, la dirigenza governativa si sfaldò. La Rivoluzione, ritenne qualcuno, aveva trionfato.

L’eredità del massacro

Pur vivendo giorni molto difficili gran parte della società ucraina delle regioni dell’Est ha vissuto, fino al giorno della strage, una sorta di fase di interregno ed i membri delle fazioni contrapposte, pur con qualche eccezione, più che combattersi si guardavano in cagnesco: c’erano manifestazioni, c’erano le barricate, c’erano le occupazioni degli edifici pubblici...ma non le file di morti. Se “prima” il clima era pesante ora lo è senza dubbio di più e, dopo questo scontro così plateale, il cammino di Odessa e di altre città verso la normalità appare molto più difficile. Persino il ruolo dei grandi protagonisti della politica internazionale, dagli Stati Uniti alla Russia, appare ridimensionato e, più che di una soluzione politica, il popolo ucraino sembra necessitare di una soluzione culturale alle proprie controversie, che cioè permetta ai facinorosi di oggi di ritrovare quei valori identitari sui quali fondare un moto di pacificazione volto, se non all’unità, almeno al rispetto del valore della vita. D’altra parte, a differenza di altre aree dell’Europa orientale caratterizzate da forte disomogeneità sociale, come per esempio al ex Jugoslavia, in Ucraina le attuali contrapposizioni vertono su questioni di natura politica più che di natura etnica. Al momento tuttavia queste affermazioni appaiono flebili e, più di ogni altra cosa, si getta benzina sul fuoco.

Nuovi episodi di violenza

Già dall’altro ieri circolano in rete dei filmati amatoriali realizzati, sempre a Odessa, in occasione di quello che viene descritto come il seguito dell’occupazione, da parte di miliziani filo-russi, di una struttura governativa urbana. Si parla di facinorosi venuti da altre città, altri guerriglieri dichiarano di essere invece semplici residenti, si vedono uomini in borghese – presumibilmente dei funzionari di polizia – che sparano colpi di pistola, si fanno nomi e cognomi di persone coinvolte, si scrive in generale di estremisti di “Pravi Sektor” (lett. Settore Destro) ed Ultras. Tanti piccoli dettagli ma, in definitiva, solo l’impressione che a regnare davvero nella città sia il caos. Nulla, di quel che vediamo, sembra portarci ad individuare un soggetto, politico od autoritario, capace di ristabilire l’ordine e persino la polizia, da settimane, è divisa in fazioni: coloro che eseguono gli ordini della dirigenza governativa di Kiev portano al braccio una fascia azzurra e gialla; coloro che vi si oppongono indossano una fascia a righe giallo-rosse, molto simile a quella che ogni nove maggio, anniversario del “giorno della vittoria” della Seconda Guerra Mondiale, indossano i veterani dell’armata sovietica ed i loro ammiratori. A prova di questa contrapposizione molte scene in cui funzionari di polizia agiscono in modo coordinato con gli attivisti, i quali chiedono sostegno tattico alle proprie azioni.

A più di due mesi dalla cosiddetta “Rivoluzione di Piazza Majdan” in Ucraina, di fatto, sembra non governare nessuno.

Brutta situazione.

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