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La Pasqua a Gerusalemme è una via crucis per i cristiani

Fatti oggetto di violenze e uccisioni, in Medio Oriente vivono un momento di grande difficoltà. Il monito del Papa: "Non rassegniamoci al vuoto"

La Pasqua a Gerusalemme è una via crucis per i cristiani

A migliaia, nel vento di chamsin che non lascia respirare, si asserragliano davanti alle sette porte di pietra di Gerusalemme come assetati. Ma la Porta di Giaffa, la più vicina al Santo Sepolcro, è del tutto bloccata: la polizia non lascia entrare finché non si crea un po' di spazio nei vicoli, la Città Santa è un autobus verso il Paradiso ormai troppo pieno: nel giorno che precede la Pasqua arriveranno a toccare la pietra liscia su cui giacque il corpo di Cristo solo quelli che si sono svegliati presto. E sono un fiume. Venerdì nella giornata della crocifissione, la via Dolorosa è stata tutta una gara di croci di legno e canti, sulle pietre consunte del percorso della Via Crucis i fedeli procedevano, come ieri del resto, e come oggi, incrociandosi e ostacolandosi: processioni di fedeli provenienti da tutto il mondo, ognuno canta la sua canzone. Chi ce la fa, dalla porta di Giaffa scende giù per lo shuck compra qualche ricordino e poi arriva, voltando a destra, alla costruzione che Costantino ordinò al vescovo Eusebio che rimosse le pietre sotto cui si pensava potesse celarsi il Golgota, e costruì una gran bella Chiesa a tre archi sovrapposti, inaugurata nel 335. Le distruzione delle invasioni islamiche e i terremoti le hanno cambiato i connotati. Ieri alle due del pomeriggio il patriarca greco ortodosso ha acceso il fuoco Santo incendiando il cuore dei fedeli e le loro candele.
Tutti in gruppo, si contengono i vari padroni del Santo Sepolcro, cattolici, greco ortodossi, armeni, siriaci, copti. ciascuno proteso con cento occhi e cento mani alla custodia dello status quo. La folla cristiana al Santo Sepolcro vive un bel sogno mistico. Gerusalemme lo dona spesso. La Pasqua ebraica, in corso in questi giorni, ha il suo appuntamento metafisico al Muro del Pianto quando i Cohen, i sacerdoti discendenti da Aron, fratello di Mosè, danno la loro benedizione alla folla. Ognuno cerca la sua strada verso il cielo. E tuttavia fa specie che facendosi legittimamente largo verso la Pasqua, i cristiani che fioccano nel cuore del Medio Oriente, non diano un segno di memoria del fatto che i loro fratelli siriani, iracheni, egiziani, conoscono un attacco alla vita e alla religione come solo nei primi tempi del califfato.
Sarebbe importante se le processioni inalberassero qualche cartello di protesta. I cristiani erano nel Medio Oriente il 26 per cento alla fine del secolo scorso, ora meno del 10 per cento. Padre Gabriel Nadaf, prete greco ortodosso, ci dice che la paura di prendere posizione nasce con la conquista islamica: «Noi cristiani fummo travolti, convertiti o uccisi, e da allora tutte le chiese si sono schermite». Ma su 10 Paesi che opprimono i cristiani, 9 sono islamici e il decimo è la Corea del Nord. Per citare episodi recenti nove bambini siriani sono stati uccisi e 27 persone ferite quando la scuola di San Giovanni a Damasco e il suo bus scolastico sono stata colpiti dai ribelli, che decapitano, rapiscono, violentano. In Egitto i Copti, i più antichi cristiani, vengono aggrediti nelle chiese, in Iran dal luglio del 2013 è sparito Hossein Saketi Aramsari detto Stephen e si pensa sia in un carcere dove sono detenuti altri cristiani, in Iraq a Natale 26 cristiani sono stati fatti a pezzi da una bomba in chiesa, in Libano, in Turchia, in Pakistan, in Nigeria la situazione è pessima.
L'unico Paese dove i cristiani da 34mila che erano nel 1948 sono diventati 140mila è Israele, in piena libertà religiosa. È cinico e ridicolo che «un gruppo di cristiani di Gerusalemme est» protestino, ieri, perchè «le restrizioni della mobilità palestinese conducono a violazione della libertà religiosa». Le misure di sicurezza hanno messo i pellegrini in condizione di circolare in Città Vecchia, e tengono conto del fatto che, venerdì, mentre andava alla cena di Pasqua un padre di famiglia è stato ucciso in un agguato e sua moglie e il suo bambino di otto anni feriti. Israele è un Paese dove i continui attentati terroristici e la violenza contro i civili costringono alla prudenza, e i cristiani hanno certo interesse a un clima di sicurezza. A vedere l'immensa folla cristiana qui a Gerusalemme, non si può fare a meno di pensare che il Papa facesse sul serio quando ha detto: «Non ci rassegneremo a un Medio Oriente svuotato di cristiani».

Sta per arrivare da queste parti, sa cosa fare.

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