Crisi siriana

Putin stravince sulla Siria e torna re del Medio Oriente

Il presidente russo approfitta delle debolezze di Obama per incassare un successo storico e allargare la sua influenza nell'area. Un terremoto geopolitico che non si vedeva dal 1973

Putin stravince sulla Siria e torna re del Medio Oriente

Possiamo persino cercare di prendere sul serio Obama che si vanta di avere evitato la guerra e aver costretto Assad ad ammettere di avere le armi chimiche mentre si avvia a distruggerle, di credergli quando promette che sarà indefettibile altrimenti si torna alle armi, e anche che comunque l'Iran resta nel mirino, come ha detto ieri. Possiamo immaginare che non abbia trattato con Putin quando si è voltato e non ha visto nessuno che lo seguiva. Ma questo non aiuterà il presidente americano ad apparire il vincitore della battaglia sul Medio Oriente, anche se fa piacere l'immediato vantaggio della pace, che comunque durerà solo giorni perché i ribelli sono molto arrabbiati e forse cercheranno di rinfocolare il bracere.

Putin è il vincitore in questo momento, e la sua vittoria è storica. Questo terremoto cambia le carte che erano state distribuite addirittura nel 1973, al tempo della guerra del Kippur, quando la Siria e l'Egitto attaccarono Israele di sorpresa per raderlo al suolo: fu allora che gli Stati Uniti, per decisione di Nixon e Kissinger spedirono a Israele 20mila tonnellate di carri armati, artiglieria e rifornimenti vari. Così il mondo arabo dopo la vittoria di Israele che, tuttavia, col disperato valore dei suoi soldati rimase aggrappata sul precipizio del Mare Mediterraneo, imparò che era meglio tener conto della presenza americana in zona, tanto che l'Egitto lasciò l'area sovietica per entrare nella sfera degli Usa.

Putin, dopo che Obama ha abbandonato Mubarak e ha perduto l'Egitto con imperdonabile leggerezza, si dà molto da fare in un giuoco di sostituzione. L'ultima indecisione del presidente americano apre nuovi spazi. Putin era già in caccia: si era sentito tradito dalla mossa della Nato contro Gheddafi, una contraddizione per lui in un periodo di rafforzamento economico e strategico. Non che la sua economia fosse diventata più affidabile, col suo lato masnadiero e mafioso. Ma Putin ha deciso nel momento della defenestrazione di Gheddafi di non lasciare più spazio a imprese unilaterali che lo svantaggino sul terreno internazionale, ha rafforzato la sua propaganda antiamericana e le sue personali esibizioni di forza (con ammiccamenti machisti autoritari, anti femministi, anti omosessuali, anti giornalisti) fino alle alzate di spalle di fronte alle stragi di Assad, il suo gauleiter in Medio Oriente. Ha lasciato che se ne avvantaggiassero l'Iran degli ayatollah, viscidamente ammesso ad acquietare il rapporto con la Siria che pure arma e sobilla contro l'Occidente, e gli Hezbollah, un'organizzazione terrorista che ha ormai sulla coscienza, oltre a tutti gli innocenti uccisi nel mondo, anche i bambini siriani.

Spingi e spingi, proprio nel momento giusto, quello in cui Obama capiva di non avere il supporto del Congresso, di essere abbandonato dall'Inghilterra e criticato dall'Europa e dal Papa, Putin, davvero come un imperatore romano che protegga il suo protettorato, ha ammesso tutto ciò che aveva sempre negato ovvero che le armi le ha Assad e vanno consegnate. Se poi ora le sta caricando sui camion e spedendo in Irak e in Libano, Putin se ne lava le mani. Sembra di leggere Flavio Giuseppe quando racconta di Adriano e Tito. I dominati fanno e dicono ciò che gli si ordina, pena la morte. Così ha fatto Assad, proclamando ieri la «vittoria»: fino a ieri Putin incitava a resistere, e ora a cedere. Lo spazio di Putin per allargare la sua influenza ora è vasto: al contrario di Obama, Putin sostiene i suoi, qualsiasi cosa facciano. Obama se n'è andato dall'Irak lasciando grande spazio all'Iran e se ne va dall'Afghanistan. Gli israeliani, i sauditi, la gente degli Emirati, i giordani, i turchi sono preoccupati per l'assenza americana, e nessuno ha buone ragioni per tenersi alla larga da Putin.

La maggiore conquista di Putin fin'ora è stata di certo quella delle pagine del New York Times, la casa di Obama, su cui Putin ha fatto un'irruzione violenta, impicciandosi con astio della politica americana fino dentro la sua anima eccezionalista. Obama gli ha insegnato la strada, il Nyt gli ha aperto la porta con deferenza.

Impensabile prima dell'era siriana di Putin rex.

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