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Quebec, spari sulla vittoria del partito indipendentista

Un esaltato armato di una pistola e di un fucile ha aperto il fuoco all'esterno di una sala-concerto di Montreal, nello Stato canadese del Quebec: voleva uccidere la leader del partito separatista francofono Pauline Marois, fresca e risicata vincitrice delle elezioni, che stava tenendo un discorso ai militanti che ancora sognano, dopo due referendum perduti negli ultimi trent'anni, la secessione.
«Un giorno il Quebec sarà un Paese sovrano», stava appunto scandendo la Marois, quando un uomo vestito di nero e col volto coperto da un passamontagna nero, che si era introdotto attraverso la porta riservata agli artisti, ha cominciato a sparare all'esterno della sala-concerto Metropolis. La leader del Parti Quebecois, che non aveva capito quanto stava accadendo, è stata rapidamente portata via illesa dagli uomini della sicurezza. Un tecnico del teatro di 45 anni è invece rimasto ucciso, mentre un autista del pullman elettorale del partito è finito all'ospedale in gravi condizioni.
Nella sala, che era affollata da duemila persone nonostante fosse ormai mezzanotte, non si è creato il panico. L'uomo è stato arrestato e Pauline Marois ha potuto brevemente tornare sul palco per concludere rapidamente il suo intervento e invitare i presenti a defluire con calma, il che è avvenuto.
Al momento dell'arresto l'attentatore ha gridato in francese, ma con marcato accento inglese, una frase minacciosa: «Gli inglesi si stanno svegliando!». Ed è questo l'aspetto più inquietante dell'attentato: il fatto che il suo autore abbia tentato di dargli un significato politico in un Paese dove la violenza legata alla politica è praticamente sconosciuta.
Ma sembra improbabile che l'obiettivo di accendere gli animi tra le comunità di lingua francese e inglese venga raggiunto: il Canada non è la Jugoslavia, e nel Quebec non c'è l'ombra di movimenti indipendentisti violenti sullo stampo di quello basco. L'ultimo episodio di sangue, il rapimento di un ministro locale che fu poi trovato strangolato, risale al lontano 1970. Il movimento indipendentista ha dunque oggi caratteristiche tranquille e, secondo i sondaggi più recenti, il sogno della secessione appassiona meno del 30 per cento dei circa 8 milioni di quebecchesi, all'incirca l'equivalente dell'attuale serbatoio elettorale del partito della signora Marois. E questo nonostante parli il francese l'80 per cento dei residenti. Un calo evidente e molto significativo, se si ricorda che il referendum indipendentista del 1980 fu bocciato col 60 per cento di voti contrari, mentre quello successivo del 1995 - voluto dal carismatico leader di allora René Levesque - sfiorò clamorosamente l'obiettivo dell'addio al Canada: votò sì all'indipendenza del Quebec il 49,4 per cento degli elettori.
La sparatoria di Montreal ha comunque avuto l'effetto di oscurare il successo del Parti Quebecois, peraltro relativo e inferiore alle aspettative. È vero che Pauline Marois, prima premier donna della storia quebecchese, riporta al governo i separatisti dopo nove anni. Ma è anche vero che con meno del 32 per cento dei voti e 54 seggi su 125 potrà formare solo un governo di minoranza, incalzata dai liberali (che lasciano il potere) con 50 seggi. Le sue speranze si appuntano sulla Coalizione per il futuro del Quebec, una nuova formazione che potrebbe mettere a disposizione i suoi 19 seggi a condizione che le ambizioni separatiste vengano accantonate.
In questa situazione, è chiaro che le prospettive di un eventuale terzo referendum per il «Quebec libre» paiono più che mediocri, e che i toni da comizio usati in campagna elettorale e a davanti ai fedelissimi del Metropolis rimarranno buoni per la retorica indipendentista. Intanto la signora Marois ha già annunciato un decreto ministeriale per revocare, come promesso prima delle elezioni, il forte aumento delle tasse universitarie (più 82 per cento in ette anni) deciso dal precedente governo liberale.
Il destino del Quebec sembra dunque essere di rimanere anche in futuro ciò che è oggi: una vasta enclave francofona all'80 per cento in un Paese bilingue ma con chiara maggioranza anglofona. Legato alle sue peculiarità storiche, simboleggiate dall'emblema nazionale del fiordaliso (lo stesso della corona francese) e dal motto «Je me souviens», che richiama al legame con la Francia di cui fu colonia per due secoli fino al 1763.

Culturalmente orgoglioso e nostalgico, con il francese lingua ufficiale al posto dell'inglese, ma non fino al punto di gettare alle ortiche l'unione canadese, uno dei Paesi più prosperi del mondo.

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