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Quel clan di destra troppo bello per piacere ai liberal

I figli e i nipoti di Romney, ricchi, perfetti e di successo, rischiano di mettere in ombra il mito dei Kennedy

Mitt Romney e la moglie Ann insieme a quattro dei loro cinque figli
Mitt Romney e la moglie Ann insieme a quattro dei loro cinque figli

Mentre sul Tampa Bay Times Forum, giovedì notte, scendevano i palloncini bianchi, rossi e blu che celebravano la fine della convention repubblicana, sul palco, al fianco di Mitt Romney, c'erano la moglie Ann, i 5 figli e i 18 nipoti. Una famiglia dall'apparenza perfetta, ragazzi ricchi e fieri di un'immagine patinata, da copertina, che negli ultimi mesi ha fatto storcere il naso a molti commentatori della campagna elettorale americana. Quella dei «Romney boys» è infatti per alcuni una presenza ingombrante, minacciosa. Tagg, Matt, Josh, Ben e Craig sono i cinque figli del candidato repubblicano.

Hanno fra i 31 e i 42 anni e sono uguali al padre, nella mascella prominente e nel fisico asciutto. Sono spesso accompagnati dalle mogli, bionde e abbronzate e dall'esercito di figli, altrettanto biondi. Mormoni, senza vizi (né alcol, né sigarette), bravi ragazzi che sembrano usciti in serie dalle catene di montaggio di un'università della Ivy League e hanno accompagnato il padre in tutto il Paese, dal caucus dell'Iowa di inizio gennaio fino a Tampa, nove mesi dopo. Tagg, il più grande e più simile al padre, ha 42 anni, 6 figli e un fondo d'investimento, Solamere Partners, che ha creato nel 2008. Vive a Boston con la moglie Jennifer ed è un fan di Billy Joel. Matt ha un anno di meno e come il fratello ha deciso di seguire le orme paterne in finanza. Lavora per Excel Trust e vive a San Diego con la moglie Laurie e i tre figli. Quello più interessato a seguire la carriera politica del padre è Josh, che ha trentasei anni, cinque figli, e lavora nel campo immobiliare a Salt Lake City. Ben, 34 anni, ha un solo figlio e fa il medico a Boston, è l'unico biondo e spesso assente durante la campagna elettorale. Il più piccolo è Craig, un ex discografico che ha da poco lasciato New York per andare a vivere a San Diego con la moglie Mary e i due figli. È il più simpatico, con i riccioli castani e la disinvoltura dei suoi 31 anni. A Tampa, nell'ultima notte di convention, è salito sul palco raccontando l'ammirazione che prova per suo padre e ha parlato per qualche istante in spagnolo, per conquistare la fiducia dell'elettorato ispanico. La loro prole, i 18 nipoti di Romney, è vista come un simbolo di potere e ricchezza, di una dinastia che potrebbe non fermarsi al capostipite George, amato e severo governatore del Michigan negli anni Sessanta, e al figlio Mitt, ex governatore del Massachusetts e business di successo, impegnato nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti.

Se arrivasse alla Casa Bianca, Romney sarebbe il presidente con il maggior numero di nipoti sorpassando John Tyler, che quando fu eletto nel 1841 ne aveva quindici. Ed è guardando questi ragazzi (la più grande, Allie, ha 16 anni, i più piccoli, due gemelli, appena pochi mesi) che risuona l'eco storico della più famosa dinastia americana. Lo stato di provenienza, il Massachusetts, le estati passate sulla costa del New England - i Kennedy a Hyannis Port, i Romney in New Hampshire - i capelli biondi, la ricchezza e la passione per le barche.

Quei diciotto nipoti, per gli oppositori liberal di Romney, hanno una colpa: rischiano di intaccare l'intoccabile mito americano dei Kennedy.

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