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Quirico è vivo, ha chiamato la moglie

Forse, come fanno capire al Giornale fonti siriane e libanesi, è riemerso dalle macerie di Qusayr, la città santuario dei ribelli al confine con il paese dei Cedri riconquistata mercoledì dai governativi e da Hezbollah. Ma l'unica voce certa in queste ore è la sua, quella di Domenico Quirico, l'inviato della Stampa scomparso in Siria 58 giorni fa. Una voce che ieri risuona all'improvviso nel cellulare della moglie Giulietta restituendole quella speranza che ormai tentennava. Una telefonata subito confermata su Twitter dal direttore della Stampa «Domenico #Quirico è vivo e oggi - scrive Mario Calabresi - ha parlato con la moglie. È ancora in Siria, speriamo di riabbracciarlo presto». Poi in serata Eleonora, la figlia di Quirico aggiunge qualche particolare. «Mamma ha parlato con papà per pochi secondi è emozionatissima...siamo felicissime, ma aspettiamo notizie certe» - racconta Eleonora che insieme alla sorella Metella e alla madre attende gli sviluppi nella casa di Govone. In un successivo intervento il direttore della Stampa raccomanda però prudenza e discrezione. «È un momento delicatissimo, di più non si può dire, bisogna ancora riportarlo a casa - spiega Calabresi - la situazione in Siria è pesante... la prudenza è assolutamente necessaria. Confidiamo nelle autorità italiane». Poco prima la notizia del contatto telefonico era stata confermata anche dal ministro degli Esteri Emma Bonino. Difficile comprendere cosa stia succedendo. I brandelli d'informazione recuperati ieri dal Giornale tra Siria e Libano fanno intendere che Domenico Quirico sia riemerso dalle macerie della città di Qusayr.
La congettura, solo una congettura, è che Quirico, e forse anche il suo compagno di viaggio il professore belga Pierre Piccinin, siano finiti intrappolati nell'assedio della città di confine utilizzata dai ribelli come crocevia per portare in Siria uomini armi e munizioni. Quirico nell'ultima comunicazione con una collega di Radiorai del 9 aprile scorso raccontava di aver raggiunto le zone ribelli intorno ad Homs . Dopo quella telefonata potrebbe aver rinunciato al tentativo annunciato di raggiungere le linee del fronte alla periferia di Damasco per ripiegare invece verso Qusayr e il Libano. Lì lui e il suo gruppo potrebbero esser finiti imbottigliati nella caos dell'assedio senza possibilità né di comunicare, né di guadagnare la frontiera. Esauritisi i combattimenti l'inviato della Stampa è forse riuscito a trovare una maniera di comunicare. Il rischio a questo punto sarebbe quello di finire nelle mani di Hezbollah o dei governativi prima di venir recuperato dagli emissari delle nostre autorità e portato Libano. Un'altra ipotesi è che nella confusione della battaglia i due siano finiti nelle mani di un gruppo fondamentalista diverso da quello con cui erano entrati e si siano ritrovati di fatto prigionieri e nell'impossibilità di comunicare. Morti o fuggiti i loro sequestratori sarebbero stati recuperati dai servizi segreti siriani o da Hezbollah che starebbero trattando una sua delicata riconsegna all'Italia. Secondo altre voci Quirico sarebbe, invece, già stato individuato e affidato a mani sicure, ma si attenderebbe la sua definitiva uscita dall'inferno siriano per dare la notizia dell'imminente ritorno a casa.

Perché come insegna l'esperienza del drammatico caso Sgrena in questi casi la liberazione può anche non coincidere con la salvezza.

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