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Per Romney è quasi fatta: nomination sempre più vicina Ora la sfida è sul nome del vice

Oggi si vota in Wisconsin, Maryland e Washington DC. Romney dovrebbe allungare ancora il proprio vantaggio, che lo vede in testa con 572 delegati (per vincere ne servono 1.144). Santorum però non molla. SPECIALE ELEZIONI USA 2012

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Mitt Romney è a metà della "scalata" per ottenere la nomination e  sfidare, così, Barack Obama alle elezioni del prossimo 6 novembre. La montagna da scalare è alta 1.144 metri (il numero dei delegati), l'ex governatore del Massachusetts è arrivato a quota 572. Dietro di lui, Rick Santorum, secondo con 272 delegati, Newt Gingrich 135 e ultimo Ron Paul con appena 51 delegati. Tra poche ore Romney può allungare ulteriormente, perché si vota in Wisconsin, Maryland e Washington Dc. In palio ci sono 95 delegati e il candidato mormone è in netto vantaggio nei sondaggi. Tra l'altro nel District of Columbia Santorum non corre, quindi è praticamente certa la vittoria di Romney.

Sondaggi favorevoli

In Maryland potrebbe addirittura ottenere la maggioranza assoluta dei voti: secondo l’ultima rilevazione di Ppp (Public policy polling), ha il 52% delle preferenze, seguito da Santorum (27%), Newt Gingrich (10%) e Ron Paul (9%). In Wisconsin, il vantaggio è sceso rispetto alla scorsa settimana, quando era in doppia cifra, ma resta consistente: secondo WeAskAmerica, Romney gode del 39% delle preferenze, contro il 31% per Santorum; poi Paul (16%) e Gingrich (15%). Per Ppp, invece, il 43% voterà Romney, il 36% Santorum, l’11% Paul e l’8% Gingrich. Per Romney, dunque, si profila un 98-0 contro gli avversari: i due Stati e il District of Columbia assegnano tutti i delegati al vincitore.

Ora la corsa è per il vice

La corsa non è ancora finita ma ormai, a detta di tutti - anche se non ufficialmente - la partita è chiusa. Si deve decidere, però, quale sarà il ticket, dunque c'è da riempire la casella del vice candidato alla presidenza, l'uomo che affiancherà Romney nella corsa alla Casa Bianca. Qualcuno sostiene che la scelta sia, per così dire, obbligata. Nel senso che Romney, debole sul fronte conservatore - non è mai piaciuto ai Tea Party - deve cercare di puntellare proprio quel fronte, scegliendo un candidato gradito alla parte più a destra dell'elettorato. In tal senso spicca il nome di Marco Rubio, giovane senatore della Florida, che ha strappato ad un collega più moderato il seggio grazie al forte sostegno proprio del Tea Party. Il giovane politico di origini cubane la scorsa settimana ha ufficialmente dato il proprio endorsment a Romney. Accanto a quello di Rubio, che porterebbe in dote anche l’importante capacità di attirare il voto ispanico, circola anche un altro nome forte, quello di Bobby Jindal, governatore della Louisiana, rieletto lo scorso novembre con il 70% dei voti. presidenziale. L’ultimo nome è quello di Chris Christie, il governatore del New Jersey (origini italiane), che in molti avevano cercato di convincere a candidarsi in proprio per la Casa Bianca.

Ma Santorum per ora non molla

"Se il governatore Romney raggiunge il numero richiesto, allora senza esitazioni io mi farò da parte - ha detto Santorum - ma il momento non è neanche vicino a questo punto". La "prova del fuoco" per Santorum saranno le primarie in Pennsylvania, lo stato che ha rappresentato in Senato, il prossimo 24 aprile. "Dobbiamo vincere in Pennsylvania e vinceremo, non ci sono dubbi", ha detto Santorum, replicando alle insinuazioni dello staff di Romney che ricorda come quando perse il seggio al Senato l’italoamericano rimediò 18 punti di svantaggio.

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