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Israele rivuole Netanyahu ma il falco ha perso le ali

Oggi il voto per il rinnovo della Knesset. Il governo proporrà al Parlamento l'invio di aerei da trasporto e rifornimento in volo. E dalla base Nato in Sicilia decollano droni-spia

Israele rivuole Netanyahu ma il falco ha perso le ali

Una caratteristica delle elezioni legislative di Israele in cui oggi 34 liste lotteranno per assicurarsi i 120 seggi del parlamento unicamerale di Gerusalemme è il disinteresse dell'opinione pubblica internazionale. Ritiene che i giochi siano ormai fatti, che il premier uscente Netanyahu sarà rieletto per la terza volta alla guida del paese. È vero ma non è detto che riuscirà a formare un nuovo governo. Questo per 5 ragioni. La prima: il trucco preelettorale dell'unione del partito Likud con quello degli immigrati russi guidato dal ministro degli Esteri Lieberman (Israel beitenu) non è piaciuto all'elettorato di centro destra. Nelle intenzioni di Netanyahu avrebbe dovuto garantire alla nuova lista 46 seggi mentre ora scende nei pronostici a 32.

Seconda ragione: l'elettorato si è decisamente spostato più a destra del Likud indebolendo ancora di più i partiti di centro sinistra (laburisti, laici, pro palestinesi) incapaci di formare un fronte anti Netanyahu. Il quale ha inoltre deluso il pubblico per la sua interferenza nelle elezioni presidenziali americane a favore del candidato repubblicano battuto da Obama. I perdenti non piacciono mai e l'aver messo in gioco il rapporto con gli Stati Uniti come su una roulette (con l'appoggio finanziario di un miliardario ebreo americano arricchitosi con le case da gioco in America e in Cina) ha ridotto la sua immagine di astuto politico. La sua oratoria anti iraniana e in favore di massicci nuovi insediamenti a Gerusalemme non seguita da azione ne hanno rivelato la debolezza.

Terza ragione: l'emergere sulla scena di un politico pressoché sconosciuto - Naftali Bennet 40 anni, nato in Israele da famiglia americana, ottimo ufficiale che ha rinunciato a una brillante carriera militare per creare una società tecnologica venduta per 145 milioni di dollari - sembra il rappresentate di una nuova generazione di politici arricchiti con le proprie capacità (come il sindaco di Gerusalemme Barkat) per dedicarsi alla politica fuori degli schemi partitici contrariamente alle generazioni di politici (e dei generali) entrati in politica per arricchirsi. È significativo che per la prima volta non ci sono (con l'eccezione del partito Kadima) ex generali alla testa di partiti. Bennet è un giovane religioso, nazionalista, contrario alla politica di territori in cambio di pace. Piace ai giovani promettendo a ciascun soldato smobilitato un terreno statale per costruirsi una casa. Molti elettori laici vedono in lui il leader capace di opporsi all'influenza degli ortodossi.

Quarta ragione: in Israele l'economia tira ma per questo la questione sociale non tanto legata alla disoccupazione e alla povertà ridotta quanto allo strapotere delle «18 famiglie» che dominano il mercato finanziario è di grande attualità. Con l'arrivo delle prime forniture di gas sottomarino scoperto davanti alle coste nazionali, la questione della ripartizione della «torta» economica diventa prioritaria per il bisogno di modernizzazione delle strutture nazionali con l'accento agli investimenti nella ricerca, nell'educazione superiore, nella sanità e nello sviluppo del settore arabo israeliano che interessa il 20% della popolazione di 8 milioni. Problemi su cui Netanyahu ha fatto promesse non o male realizzate anche a causa della sua dispendiosa preparazione a un attacco contro l'Iran criticato tanto da Washington che dai massimi dirigenti militari e dei servizi di sicirezza israeliani.
Quinta ragione: stranamente la politica estera e la sicurezza non sono il fulcro di interesse. L'elettorato è convinto che i negoziati per la creazione di uno stato palestinese siano privi di futuro, sia per le divisioni interne del palestinesi, sia per il crescente convincimento che alla fine l'accordo si farà con Hamas piuttosto che con il debole e corrotto al Fatah. Quanto ai rapporti con l'America e con l'Europa si pensa - a torto o a ragione - che saranno condizionati più dal fondamentalismo anti occidentale, anti cristiano, islamico che dalla simpatia dell'occidente per i palestinesi.

Di certo in queste elezioni c'è solo il fatto che Israele ne uscirà diverso da come vi è entrato.

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