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Siria, il fallimento di Ginevra 2. Kerry è sconsolato

Si continua a trattare, tra mille difficoltà, per la pace in Siria. Intanto si continua a combattere e a morire. E le armi chimiche sono ancora lontane dall'essere smaltite

Civili evacuati dalla città di Homs
Civili evacuati dalla città di Homs

Mentre a Ginevra vanno avanti (per modo di dire) i colloqui di pace, l’Osservatorio siriano per i diritti umani, ong con sede a Londra legata agli oppositori del regime di Assad, denuncia che dal 22 gennaio scorso, data d'inizio di "Ginevra 2", almeno 4.959 persone sono rimaste uccise a Damasco e dintorni. Come si legge sul sito youkal.net, la media giornaliera è di 236 vittime al giorno: la più alta dall’inizio del conflitto, esploso nel 2011 dopo l’inizio delle proteste antigovernative sfociate poi nel sangue per la repressione del governo siriano. Procede l’evacuazione dei civili da Homs. Secondo fonti Onu, i civili che hanno lasciato la città sono oltre 1.400, in maggioranza donne, bambini e anziani. Secondo l’Unicef i piccoli evacuati sono 500. L’Alto commissariato Onu per i rifugiati ha reso noto che "336 uomini, tra i 15 e 55 anni di età sono stati fermati per essere interrogati". Ma le Nazioni Unite hanno espresso forte preoccupazione per il destino dei civili evacuati: secondo le ong internazionali, infatti, le forze del regime siriano hanno interrogato gli sfollati senza alcun rispetto dei diritti umani.

Lavori in corso a Ginevra

La delegazione del governo siriano a Ginevra è tornata su un argomento caro ad Assad: prima di tutto bisogna affrontare la questione della lotta al terrorismo, poi qualsiasi altro tema relativo al conflitto in corso nel paese. Lo ha riferito la tv di stato di Damasco, spiegando che il regime ha anche respinto l’ipotesi di un "doppio binario" del dibattito, che permetterebbe di portare avanti parallelamente il tema dal governo di transizione, tema caro all’opposizione. La linea ufficiale di Damasco è stata espressa poco prima che l'opposizione presentasse ufficialmente, sempre a Ginevra, un piano che prevede la creazione di un "organismo governativo di transizione". Intanto l’Esercito siriano libero dell’opposizione ha annunciato che non intende attenersi alle eventuali decisioni che verranno prese nel corso della conferenza di pace Ginevra 2. Né l’Esercito libero né le altre grandi fazioni attive all’interno della Siria "si atterranno a qualsiasi decisione di tregua o di cessate il fuoco che possano scaturire dalle trattative di Ginevra II". Ad annunciarlo è stato il generale Riad al Assad, comandante in capo dell’Esercito libero, il quale ha espresso forti dubbi sulla capacità della Coalizione nazionale siriana, principale alleanza politica dell’opposizione al regime che partecipa alla conferenza di Ginevra, di influenzare le milizie combattenti sul territorio.

Ma Kerry ammette il fallimento

Il segretario di Stato americano, John Kerry, ammette il fallimento dei negoziati svizzeri. Tanti sforzi per arrivare a un nulla di fatto. Lo avrebbe detto lui stesso in un incontro con un gruppo di senatori, riconoscendo implicitamente, di aver perso la fiducia nella politica della Casa Bianca per risolvere la crisi in Siria. Un fallimento che, per ovvie ragioni, è anche il suo. Washington puntava su due cose: rimuovere le armi chimiche in mano ad Assad (fino ad ora solo il 4% è stato smantellato, e c'è più di un sospetto che alcune siano state abilmente occultate), e dare vita ad una grande conferenza di pace in Svizzera. Il capitolo armi non sta dando molti risultati. Sul secondo punto, invece, siamo ancora a zero. Con le due parti che continuano a litigare e non trovano neanche un briciolo di intesa. Intanto sul campo si continua a combattere. Che fare, dunque? Gli Stati Uniti pensano di riarmare i ribelli, perché solo col "bastone" si può indurre Assad a trattare. Ma non tutti i ribelli solo uguali. Ce ne sono anche di pericolosi, molto pericolosi. Sono i jihadisti. L'America ne è consapevole e intende fare il possibile per sradicare i gruppi estremisti che, in Siria, si oppongono ad Assad. Concordano Turchia e Arabia Saudita: la prima ha già mandato più di un segnale, bombardando un convoglio di guerriglieri islamici fermatosi troppo vicino al proprio confine. La seconda, invece, ha preannunciato una norma che mira a punire fino a venti anni i jihadisti che vanno a combattere in Siria unendosi ad altri gruppi estremisti.

L'Onu: accelerare distruzione armi chimiche

La coordinatrice dell’operazione per lo smantellamento delle armi siriane, Sigrid Kaag, ha chiesto a Damasco di accelerare le operazioni, dicendosi tuttavia "fiduciosa" che sarà rispettata la scadenza del 30 giugno. "È importante che le operazioni vengano accelerate e intensificate, mentre ci avviciniamo alla scadenza", ha detto Kaag in un’intervista rilasciata alla France presse. Entro il 30 giugno la Siria deve eliminare tutte le sue armi chimiche, nel rispetto dell’accordo raggiunto lo scorso settembre da Stati Uniti e Russia.

E Damasco alza la voce

Dura presa di posizione di Damasco contro la proposta dell’Ue di usare i fondi congelati del regime per finanziare lo smantellamento delle armi chimice. Secondo una fonte anonima del ministero siriano degli Esteri, citata dall’agenzia ufficiale Sana, si tratta di una "palese violazione del diritto internazionale" e di un atto con cui Bruxelles "viene meno al suo impegno internazionale a finanziare le operazioni di distruzione delle armi chimiche siriane".

Secondo l’Organizzazione per la proibizione delle
armi chimiche (Opac), la distruzione del materiale chimico dell’arsenale siriano richiede tra i 25 e i 30 milioni di euro, ma è incalcolabile l’ammontare dei costi aggiuntivi.

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