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"Ma è solo una questione di percezione"

Marzio Barbagli: "Realtà e sensazioni non sempre coincidono. In Usa delitti dimezzati"

Professor Barbagli, lei è sociologo e massimo studioso della criminalità in Italia. Come spiega l'ennesima sparatoria a scuola negli Usa?

«Per interpretare correttamente quello che è successo è necessaria una premessa. Anche negli Stati Uniti, come in tutti i Paesi occidentali, a partire dal 1992 c'è stata una forte diminuzione degli omicidi, praticamente un dimezzamento. Nel '91 negli Usa il tasso era di quasi 10 su 100mila, ora è di 4,5 su 100mila e in Europa è 1 su 100mila».

La sensazione di violenza diffusa, specie nelle scuole, allora è solo un'impressione?

«Considerate le condizioni economiche, il regime politico e altri fattori è vero che gli Stati Uniti sono un Paese “deviante”, cioè con valori molto più alti rispetto ad altri Paesi occidentali. Ma la questione è un'altra: gli omicidi in Usa si sono dimezzati, come nel resto d'Europa, ma sono commessi nel 60% con arma da fuoco, contro il 30% del Canada, che pure ha una cultura simile, il 24% della Germania e il 40% dell'Italia. Avere armi negli Stati Uniti è molto più facile».

C'è dunque una questione culturale, una specifica legata all'uso delle armi?

«È questo il nodo, gli Stati Uniti hanno una tradizione di autodifesa che nasce dalla loro storia. Ma trarre la conclusione che questa violenza non ha freni è sbagliato. E Obama oggi ha spiegato come si può intervenire e quali sono gli ostacoli da affrontare, legati alla lobby delle armi».

Più che di questioni culturali si tratta dunque di «ondate», cioè di fenomeni legati al tempo che si vive più che alle caratteristiche di un popolo?

«La cosa importante da capire è che non sono mali ineluttabili, ma sono numeri che variano nello spazio e nel tempo, sì. Alcuni secoli fa l'Italia aveva un tasso di omicidi più alto dei Paesi occidentali. Oggi è a 0,9 su 100mila».

A leggere le cronache si trarrebbe la conclusione che in un altro Paese, l'India, gli stupri siano in crescita esponenziale. Paese che vai, crimine che trovi?

«Io sono uno studioso e mi riferisco ai dati. Sugli omicidi abbiamo numeri ed evidenze scientifiche, sugli stupri invece mancano le statistiche, anche a causa della natura del reato. Spesso avviene in un ambiente domestico e si fatica a denunciare».

Si tratta solo di stereotipi?

«Non li chiamerei stereotipi. È una questione di percezione. E la percezione è legata all'esperienza quotidiana, a quello che capita nella famiglia o nel giro di amici. A volte non dipende nemmeno dai reati. Una sensazione di insicurezza può essere legata anche a reati piccoli, furti d'appartamento o borseggi, o a violazioni degli spazi pubblici, che non necessariamente sono reati: vedere tanti ubriachi o prostitute per le strade, per esempio».

L'Italia com'è percepita all'estero?

«Se un tempo eravamo famosi per gli omicidi e i numeri dicevano che davvero erano i più alti del mondo occidentale a causa delle mafie, oggi siamo famosi per la corruzione.

Ma anche in questo caso è impossibile far confronti internazionali, mancano i dati».

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