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Sulla roccaforte filo russa sventola bandiera ucraina

Slovansk è stata la prima città a schierarsi con i separatisti, ora in ritirata. Dugin al Giornale: "Putin deve riprendersi il Paese"

Sulla roccaforte filo russa sventola bandiera ucraina

Sloviansk era il bastione dei ribelli filo russi nell'Est dell'Ucraina. La prima cittadina a lanciare il separatismo armato contro il governo di Kiev. Da ieri la bandiera ucraina sventola sul municipio, ex quartier generale dei miliziani circondato da sacchetti di sabbia. I ribelli sono stati costretti a battere in ritirata.

«Putin deve intervenire militarmente. Anzi doveva farlo prima, ma forse non può. Qualcuno pensa che sia influenzato dalle quinte colonne dei circoli liberali e filo occidentali» ha dichiarato Alexander Dugin, al Giornale.it, nelle prime ore della ritirata. Ideologo dell'Eurasia ascoltato dai falchi del Cremlino partecipa in Trentino al convegno organizzato dal think tank «Il Nodo di Gordio» sulla «metamorfosi» geopolitica del mondo. Proprio Dugin ha previsto l'annessione della Crimea e rispolverato la «Novorossija», regione zarista che coincide con il sud est dell'Ucraina dove è scoppiata la rivolta filo russa.

A Sloviansk le truppe di Kiev stavano stringendo da aprile l'assedio attorno ai ribelli. Dopo pesanti bombardamenti di artiglieria, all'alba di ieri i filo russi si sono ritirati. «Hanno stretto un patto. I nostri uomini venivano lasciati ripiegare e gli ucraini non avrebbero compiuto rappresaglie» rivela a il Giornale, Stella Khorosheva, che è stata portavoce del fortino filo russo. In questa maniera hanno evitato un tragico bagno di sangue fra i civili.
Il ministro della Difesa, Valeriy Geletey, ha comunicato che l'ordine di issare la bandiera ucraina impartito dal presidente, Petro Poroshenko, è stato eseguito. I filo russi hanno perso anche Gorlovka una cittadina strategica vicino al fortino caduto di Sloviansk: si sono ritirati verso Kramatorsk, pochi chilometri a sud, dove controllano il centro città. Il comandante delle forze separatiste, Igor Strelkov, costretto ad abbandonare con le sue forze Sloviansk, è diretto a Donetsk. Attorno all'aeroporto della «capitale» ribelle ieri si è combattuto e sono intervenuti i caccia bombardieri.

Dopo l'Est «gli ucraini hanno già annunciato che attaccheranno la Crimea - sostiene Alexander Dugin ospite del convegno a Montagnana di Pinè, in Trentino - Per la Russia è parte integrante del suo territorio. Sarà un casus belli e Mosca entrerà obbligatoriamente in guerra». Secondo l'ideologo il presidente russo, Vladimir Putin, doveva già muovere l'esercito nell'Ucraina orientale: «Non bisogna abbandonare la popolazione russa. Non solo per motivi morali e umanitari, ma geopolitici». Il professore esagera quando sostiene che «milioni di russi rischiano il genocidio», ma in molti sono già fuggiti dall'Ucraina dell'Est. I profughi nella vicina Russia sono 110mila e la perdita della roccaforte di Sloviansk rischia di essere l'inizio di una disfatta o di un nuovo intervento russo. L'alternativa possibile è che Mosca e Kiev, grazie alle pressioni della Germania, trovino una via d'uscita negoziale. La caduta del bastione di Sloviansk potrebbe essere il prezzo da pagare alle autorità ucraine per ottenere concessioni sull'autonomia o addirittura il federalismo dei filo russi partendo da una nuova tregua della guerra dimenticata.
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