Cronache

Gli estremisti delle vacanze

I viaggi avventura non bastano più: una nuova specie di turista ora cerca tutto ciò che è strano e inconsueto. Dai cove dei banditi sardi ai borghi "fantasma"

Gli estremisti delle vacanze

Che noia quei comodi lettini in riva al mare, che gusto c'è a rilassarsi tra le acque di una spa, eppoi l'adrenalina precipita nel comfort di una suite a cinque stelle. Una nuova specie di turisti prende d'assalto l'estate. In valigia mettono equipaggiamenti sofisticati, curiosità, coraggio, o solo un pizzico di follia. Fate largo ai cultori delle vacanze «estreme». Già il binomio vacanza-avventura, secondo le più recenti stime dell'Unwto, l'Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di turismo, genera un giro d'affari globale di 263 miliardi di euro all'anno. Un viaggio avventura deve racchiudere almeno due dei seguenti elementi: attività fisica, natura e dimensione culturale. Naturalmente occorre tenersi lontani dalle «3 S», sun-sand-sea, almeno nella loro accezione più convenzionale. Ma tutto questo sembra non bastare più. Anche nel Belpaese, dalle Alpi a Lampedusa, marcia l'esercito di esploratori dell'inconsueto, chi va ancora oltre. Che si salga sulla vetta più alta per provare l'emozione di un volo in parapendio, ci si addentri nelle foreste dell'Aspromonte sulle tracce dei banditi dell'Anonima sequestri o si parta alla ricerca di borghi abbandonati da mezzo secolo, la sostanza è la stessa. Il turista dell'estremo non si riconosce dalla meta che sceglie ma dallo stato d'animo, dalla decisione di fare del viaggio un'esperienza «forte» in tutti i sensi. Una platea su cui agenzie di viaggio e tour operator hanno già messo gli occhi addosso, fiutando il business. Eppure, il principale aggregatore di questa tribù resta il Web, con il passaparola sui blog e sui social network. Ed ecco, allora, quali sono i profili che emergono tra gli italiani con lo zaino in spalla.

GLI ATLETICI

Nuotano, navigano, camminano, pedalano, si arrampicano, volano. Per loro vacanza è sinonimo di sport, meglio se estremo. Sesso ed età si riducono a dettagli sulla carta d'identità, tanto che alcune attività sono ormai così inflazionate da essere diventate quasi delle «mode». Perciò si fa a gara a spostare sempre più in alto l'asticella. Climbing sulle Dolomiti, rafting sulla Dora Baltea, oppure giù col parapendio dal Monte Baldo per una vista mozzafiato sul Lago di Garda, appesi all'elastico del bungee jumping dal Viadotto Valgadena, il terzo ponte più alto d'Europa. Trovano sempre più adepti nuove sfide come il canyoning, che consiste nel risalire letti di torrenti o strette gole percorse da piccoli corsi d'acqua, aiutandosi con tecniche alpinistiche: così, non stupisce che su Youtube facciano incetta di visualizzazioni le scene rocambolesche girate con le goPro tra le gole dell'Alcantara. Mentre arrivano a decine ogni fine settimana, soprattutto in coppia, tra Castelmezzano e Pietrapertosa, in Basilicata, per praticare il fly pulley, o volo dell'angelo, imbragati a un cavo d'acciaio, sospesi alla velocità di 110 Km/h da una cima all'altra delle «Dolomiti lucane», a 130 metri d'altezza. Insomma, se il popolo degli «atletici» va in ferie non è certo per riposarsi.

GLI IMPEGNATI

Sono affascinati dai legami che i luoghi conservano con la storia e la cronaca, anche la più cruda e controversa. Viaggiare diventa un pretesto per riflettere. Dici Sardegna e pensi alle spiagge bianche e al mare smeraldo. Invece c'è chi in Barbagia ci arriva per perlustrare il Supramonte di Orgosolo: «Impervio ed inaccessibile è stato per secoli rifugio di banditi e pastori, nel cuore selvaggio della Sardegna», pubblicizza un sito internet. Orgosolo è il paese di «Grazianeddu» Mesina, il più famoso bandito sardo del dopoguerra, ed esercita un fascino molto particolare su migliaia di turisti ogni anno. È di vent'anni fa la bufera scatenata dalla discutibilissima iniziativa di un'agenzia di viaggi di Cagliari che lanciò il pacchetto «Sequestro tour», con tanto di simulazione di un rapimento. Ma non è rimasta un'episodica boutade, come conferma Gino Satta, docente di Antropologia all'Università di Modena e Reggio Emilia, che ha dedicato all'argomenti diversi studi. «L'idea resta nell'aria e si presta ad altre variazioni. Diversi orgolesi che hanno avuto modo di fare le guide per i turisti mi hanno raccontato che la richiesta più frequente da parte dei turisti era quella di essere condotti alla casa dove era nato e aveva vissuto Mesina, prima di cominciare la sua lunga carriera di vendette d'onore, latitanze, sequestri, scontri a fuoco con le forze dell'ordine, carcerazioni ed evasioni. I murales, per cui il paese è famoso - spiega Satta -, erano poco più di un pretesto per una visita il cui piatto forte doveva essere il contatto con la realtà del banditismo». Qualcosa di simile accade anche in Sicilia, dove alle polemiche sui tour operator tedeschi che organizzano vacanze a Corleone «alla scoperta della mafia», diverse agenzie locali stanno rispondendo con contro-iniziative di successo, con formule tipo «Weekend Antimafia» o «Addiopizzo tour». A Palermo e dintorni famiglie intere arrivano non solo per godersi mare e monumenti, ma per conoscere da vicino i simboli della lotta e della mobilitazione civile contro Cosa nostra. Quando partire significa fuggire dai luoghi comuni.

I METEOPATICI

Non soddisfatti di seguire le previsioni del tempo seduti in poltrona, o di compulsare le app sui telefonini monitorando la situazione barica minuto per minuto, questa categoria di viaggiatori mette in atto una specie di migrazione al contrario, si sposta dove le condizioni atmosferiche sono più estreme e avverse. Dalle tempeste di sabbia dei deserti africani allo spettacolo delle aurore boreali, fino alle bufere che sferzano le coste delle Manica, quello che conta è trovarsi al momento giusto nel punto in cui la natura scatena i suoi elementi. Ne sa qualcosa Paolo Corazzon, meteorologo di 3BMeteo, che lo scorso maggio ha accompagnato per due settimane una dozzina di italiani dalle parti di Wichita, nel Kansas, a caccia di tornado. «La comitiva era molto variegata - racconta -, c'erano una coppia di 50enni e una ragazza single, l'impiegato stanco della routine e lo studente universitario appassionato della materia. In comune però avevano una cosa: nessuna paura, anzi non vedevano l'ora di trovarsi davanti a un tornado F5, quello di massima potenza». Una tenacia che è stata premiata. «Si sta intere giornate a bordo dei Suv, si pranza nelle stazioni di servizio, ci si arrangia in modesti motel da telefilm americano, e poi, proprio l'ultimo giorno, eccolo il tornado sopra le nostre teste: acqua, grandine, venti a 500 km/h capaci di scoperchiare i tetti delle case. E più la situazione era ai limiti, - testimonia Corazzon -, più i miei compagni di viaggio erano... soddisfatti». Dopo il «Tornado tour», altri appuntamenti attendono il popolo sturm un drang. Le grandi nevicate dell'inverno siberiano, o pure a casa nostra, sulle Alpi, dall'autunno. Tenendo bene a mente una condizione: «Sono esperienze da fare in massima sicurezza. Con la natura non si scherza».

GLI ABBANDONOLOGI

Leggende di case infestate da fantasmi, cimiteri dimenticati, caserme in disarmo, interi borghi sepolti dall'oblio, ex manicomi e luna park dismessi, degni di un racconto di Stephen King. Eppure non è soltanto il fascino dark e decadente di questi posti ad attirare sempre più visitatori. Il turismo dell'abbandono è un fenomeno in crescita. Fabio Di Bitonto è un giovane geologo napoletano che ha geolocalizzato e documentato sulle pagine web www.paesifantasma.it oltre duemila luoghi abbandonati. Lo scopo è di promuovere un turismo colto, responsabile, attento alla memoria. E magari di favorire il recupero di questo sterminato patrimonio, anche attraverso la ricerca di investitori esteri. «Mi scrivono in tanti, appassionati di fotografia, antropologia ma anche semplici curiosi, chiedendo come si fa a visitare questi siti o di essere accompagnati. Spesso per raggiungerli servono ore di cammino, non è un'impresa semplice né sicura. Gite estreme, certo, sotto l'aspetto emotivo oltre che pratico».

I SABBATICI

A volte la scelta più estrema è fermare la propria vita e (ri)partire: «Mollo tutto e me ne vado in giro per il mondo», l'abbiamo pensato chissà quante volte. Qualcuno il giro del mondo lo fa per davvero, nei mitici 80 giorni o addirittura meno. Milano-Londra-Los Angeles-Hawaii-Sydney-Bangkok-Dubai e ritorno in Italia in 23 giorni, ad agosto. Altro che stessa-spiaggia-stesso-mare. Matteo Pennacchi il giro del globo lo ha fatto tre volte, di cui una «senza bagagli né soldi». Oggi aiuta gli altri a realizzare il sogno. Si toccano tutti i continenti, secondo un criterio puramente geografico oppure tematico, come il «giro del mondo in sharing economy» ora molto richiesto. «Chi si rivolge a Around the world tours è spinto da una motivazione forte - dice Pennacchi -. Non è un turista nel senso comune del termine. Manager che lasciano una carica per un anno sabbatico, donne che scelgono di stare sole con se stesse per un po'... Io la chiamo trip theraphy: più che pensare a dove vogliamo andare bisogna concentrarsi su cosa vogliamo diventare alla fine del viaggio».

Forse il comandamento che ispira tutti i nuovi «estremisti» delle vacanze.

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