Vancouver 2010

Fabris e Armin, il cilicio olimpico di chi è condannato a vincere

Com’è difficile, dopo quattro anni nell’anonimato, ritrovarsi sotto i riflettori con il compito di salvare lo sport azzurro

Fabris e Armin, il cilicio olimpico di chi è condannato a vincere

Perdere dà fastidio all’uomo comune nella vita di tutti i giorni. Figuriamoci all’atleta. E figuriamoci se il diretto interessato è persino tra i favoriti. Se poi lo sportivo in questione perde battuto da uno dei ragazzi che con sguardo comprensivo e fare missionario aveva accolto con sé, ecco che gli zebedei iniziano a girare come ventilatori impazziti. Perché, «massì, venite ad allenarvi con me che così vi migliorerete» era stato il senso della sua offerta di mesi orsono e perché al campione servivano giovani rampanti che lo stimolassero sul nastro ghiacciato e ai giovani rampanti era utile abbeverarsi alla sorgente di un campione olimpico. Problema: i due ragazzi non si sono limitati a bere, hanno preso aperitivo, primo, secondo e frutta.
Per fortuna che il russo Ivan Skobrev, bronzo nei 5000 vinti dall’annunciato dominatore olandese Sven Kramer, e il francesino Alexis Contin (6°) non hanno toccato il gradino più alto, altrimenti l’esaurimento nervoso sarebbe stato sicuro per Fabris settimo. Perché lo scomodo ruolo di favorito è un abito che si indossa subito ma si toglie a fatica se fradicio di delusione. Per dire: Armin Zoeggeler, che a 36 anni e dopo una vita passata sullo slittino e dopo il po’ po’ di vittorie e trionfi, il ruolo di favorito non lo indossa bensì ce l’ha cucito addosso come una seconda pelle, ecco, anche Armin ieri notte era più o meno nella stessa situazione di Fabris, forse persino peggio dato che prima dell’ultima manche sapeva ormai che nella migliore delle ipotesi avrebbe agguantato il bronzo, non l’oro torinese. E così è stato.

Tornando al pattinatore azzurro, Enrico ha la coscienza a posto, visto che il suo tecnico, il ct su pista lunga, Maurizio Marchetto, ribadisce quanto sia in forma. «Ero sicuro che finisse sul podio, ma molto in alto, aveva la condizione per farlo. Gli eventi ora mi hanno smentito, ma non cambio. Anche in prova la sua pattinata era favolosa e sempre in crescita. Non solo: impostava sempre curve precise, ottima accelerazione e cambio di ritmo che gli consentivano di uscire ad alta velocità sul rettilineo però... in gara, io, tutto questo non l’ho visto».

L’azzurro era dunque pronto, lo diceva la voce esterna incarnata dal tecnico e quella interna della sua coscienza, la stessa voce che appena scattati l’ha messo in guardia. «Ho capito subito che c’era qualcosa che non andava» ha spiegato a caldo Fabris. «Mi sono accorto di aver perso sensibilità nelle gambe». E Skobrev terzo? E Contin sesto? «Che dire... Ovviamente sono deluso: li avevo accettati ai miei allenamenti convinto che mi potessero servire da stimolo... Insomma, è un grande controsenso quanto accaduto...».
A questo punto, però, i due gli saranno realmente di stimolo, anche perché gli abiti fradici del favorito si levano con difficoltà. Molto meglio allora che li tenga come cilicio per capire dove ha sbagliato per non commettere errori sabato nella sua gara: i 1500. Conta su questo il suo tecnico quando il giorno dopo la beffa dice: «Non è un atleta perso, cercheremo di raddrizzare le Olimpiadi di Enrico». E bando ai processi. Sarebbero un grave errore perché «ci infileremmo in una strada che non è la nostra... Certo però che il russo e il francese hanno fatto grandi progressi e come allenatore dovrei essere contento; da italiano invece mi rode...».

Forse è proprio dai due compagni d’allenamento che bisogna ripartire per dare morale a Fabris, spiegandogli di non farne una malattia anche se, ammettiamolo: sarà dura convincerlo di non essersi trovato su Scherzi a parte.

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