Cultura e Spettacoli

«Faccio un cartone su Pinocchio e poi un film vero»

Il «re dell’animazione» italiana continua a regalare sorprese. Enzo d’Alò, regista e sceneggiatore di origine napoletana, è una colonna del disegno animato, tra i pochi grandi professionisti a livello europeo. Gran parte della produzione animata italiana di qualità degli ultimi decenni porta la sua firma: tra gli altri, Momo alla conquista del tempo, dall’omonimo libro di Michael Ende, La gabbianella e il gatto, dall’opera di Luis Sepulveda, La freccia azzurra e Opopomoz. Di recente l’abbiamo visto tornare in tv, a 15 anni da Le nuove avventure della Pimpa, la svampita cagnolina a pois rossi di Altan. Lo troviamo su Raitre, il sabato alle 8.55 e la domenica alle 8.20, con la serie per i bambini in età prescolare Pipì Pupù e Rosmarina, delicata fiaba che ha già riscosso successo tra piccoli e grandi. Intanto, la creatività di d’Alò è impegnata in altri importanti progetti: Il ragazzo della via Gluck, 26 puntate su Sky dedicate alla vita del Molleggiato, il remake 100% italiano di Pinocchio e infine la sua opera prima nel cinema dal vero.
Enzo d’Alò, torna in tv dopo 15 anni e ritrova il successo di sempre.
«Da tempo mi chiedevano un progetto, ma ho aspettato di avere l’idea giusta. Pipì Pupù e Rosmarina è divertente e leggero, ma racconta storie interessanti, con una morale di fondo. Cerami le chiama “pillole di filosofia per bambini”».
Chi sono Pipì, Pupù e Rosmarina?
«Tre animaletti scanzonati e un po’ scellerati, come i bimbi di oggi: un uccellino golosone, un impetuoso orsetto lavatore e una coniglietta che fa da mammina. Viaggiano per il mondo alla ricerca di Mapà, una sorta di genitore inesistente. Ma non c’ tristezza “stile Heidi”».
Vincenzo Cerami firma le sceneggiature, Giancarlo Giannini è la voce narrante. Un prodotto di alta qualità, tanto che siete stati sostenuti dalla Rai e dal Programma media l’Unione europea.
«Sono stato molto felice che un prodotto non omologato come questo sia stato appoggiato in Rai. E il Programma Media è stato importante: credo siamo i primi italiani a riceverlo per l’animazione; viene assegnato solo a 4 o 5 produzioni ogni anno».
Omologazione: è un problema nel settore dell'animazione?
«Purtroppo sì, in Italia come all’estero, nei cartoon e in tv. È molto più facile “copiare” un modello che funziona che inventarsi qualcosa di nuovo e rischiare. Purtroppo, ormai la gente ha anche imparato che mettersi davanti alla tv permette di staccare il cervello: cerca questo, e questo le è offerto. Al cinema l’obiettivo è che la gente si diverta, senza pensieri. Ma divertimento e riflessione non sono in antitesi. Io non ci sto a certe regole».
Infatti gli altri suoi progetti di allineato hanno ben poco. A partire da Il ragazzo della via Gluck.
«Celentano è l’esempio lampante della non omologazione. Il cartoon nasce da un’idea che Adriano aveva in mente da molti anni ed è illustrato da Milo Manara. Non sarà una biografia, ma una metafora in cui si parlerà anche del suo rapporto conflittuale con il pubblico e con il potere, delle sue lotte per l’ecologia e dei suoi tentativi di dar voce a chi non ce l’ha».
Un cartoon per i grandi, comunque. In Italia si pensa ancora che i cartoni siano roba da ragazzini?
«Eccome. L’unico modo per portare i grandi a vedere i film d'animazione è rivolgersi anche ai piccoli. Altrimenti succede come a Persepolis o Valzer con Bashir, che all’estero hanno fatto il botto e qui a malapena discreti incassi. Un vero peccato».
Parliamo del suo Pinocchio, disegnato da Lorenzo Mattotti e musicato da Lucio Dalla, che vedremo nel 2011 e il cui trailer ha vinto il primo premio di categoria al Festival internazionale d’animazione di Annecy.
«Sarà il primo Pinocchio di animazione italiano destinato al grande pubblico, dopo quello che Disney ha ambientato nel Sud Tirolo, vestendo il bimbo di legno come un piccolo tirolese e facendo costruire a Geppetto gli orologi a cucù. Noi ripartiamo da Collodi e dai paesaggi della Toscana, ambientando la storia a inizio 900. La fiaba originale è così ricca di episodi che abbiamo potuto scegliere senza per forza riprendere quelli usati da Disney. Ritrovando anche cose di cui ci si era dimenticati: come il fatto che la Fata turchina all’inizio sia una bella bimba con i capelli azzurri».
Un salto indietro nel tempo?
«Macché. La storia è attualissima: pensate a Geppetto, padre che tenta di costruirsi un figlio su misura. Oggi diremmo: il papà l’ha fatto studiare e invece quello se ne va a suonare in gruppo rock».
Lei sta anche lavorando, per la prima volta, al cinema dal vero.
«Con Cerami stiamo scrivendo un film d’avventura per ragazzi. Sarà una bella storia: useremo il digitale per creare mondi fantastici e situazioni impossibili in una normale live-action.

Dobbiamo, però, trovare un produttore che voglia scommettere su un film che non è la solita commedia, che in Italia va per la maggiore».

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