Altadefinizione

«Facebook ha cancellato più di 1 miliardo e mezzo di falsi profili in 6 mesi»

Il vicepresidente Laurent Solly: «Usiamo algoritmi ma anche persone. E ora con noi siete al sicuro»

Marco Lombardo

Più di un miliardo e mezzo. Se volete contare il falso che potrebbe correre sul web, sappiate che questo numero è relativo solo agli ultimi sei mesi del 2018. Ma la buona notizia è che c'è un muro che blocca l'inganno prima che arrivi: più di un miliardo e mezzo sono i fake account che facebook ha stanato ed eliminato prima che arrivassero sulla piattaforma. «Milioni di profili al giorno che stronchiamo sul nascere».

Laurent Solly, vicepresidente Southern Europe del social più famoso del mondo, lo racconta per spiegare lo sforzo che l'azienda ha fatto per cambiare: lui che - tra l'altro - è stato capo di stato maggiore di Nicolas Sarkozy dal 2004 al 2007, che è diventato uno di manager di Mark Zuckerberg dal 2013, e che di questo cambiamento - insomma - è uno dei protagonisti principali.

Com'è stato il suo approccio con facebook?

«È stato come entrare in un mondo nuovo, io che ho anche diretto la concessionaria pubblicitaria di Tf1, la tv più importante di Francia. In realtà ho cominciato a usarlo proprio 6 anni fa e comunque in Francia prima del 2007 non c'era».

Un nuovo mondo creato 15 anni fa.

«Sembra incredibile come in così poco tempo abbia cambiato il modo di comunicare con le persone che ami, con gli amici, con i clienti. Impressionante».

Una rivoluzione.

«Più di una. La prima è stata connettere le persone. La seconda poi stravolgere il mondo degli affari: facebook ha insegnato a tutti un nuovo modo di fare marketing, di usare la pubblicità. Di indirizzare il prodotto giusto nel momento giusto alle persone giuste».

Abbattendo le barriere.

«Esatto: tutto questo non è solo più per grandi compagnie. Abbiamo 90 milioni di profili business attivi. E su Instagram sono 25 milioni. Per tutti gli strumenti tecnologici che diamo sono gratis. Si chiama responsabilità».

Proprio quella. Cosa risponde a chi vi critica?

«Che abbiamo investito tantissimo in responsabilità negli ultimi tre anni, anche prima che scoppiasse il caso Cambridge Analytica. Lo dobbiamo alle 2.7 miliardi di persone che complessivamente usano le nostre piattaforma. Dobbiamo dare risposte a tutte le domande».

Come?

«Per esempio: dopo gli attentati di Parigi ci siamo chiesti perché non fossimo riusciti a proteggere facebook dai messaggi d'odio e dal terrorismo. Abbiamo investito nell'intelligenza artificiale e ora il 99% dei contenuti del genere non sono più pubblicabili. E abbiamo team che si occupano di safety e security: 30mila nel mondo, attivi di giorno e di notte. Abbiamo riconosciuto gli errori e reagito».

E riguardo al business?

«Sappiamo di essere una compagnia globale ma con relazioni e affari locali. Voi per dire avere cultura e specificità uniche, una storia diversa dagli altri. Così a capo della country c'è un manager come Luca Colombo: conosce il Paese, i suoi bisogni, l'economia».

Funziona?

«Eccome. Un esempio è Binario F, un luogo aperto a Roma per formare persone sul digitale. Vogliamo essere leader nel cambiamento. Servono nuove professionalità: in Italia è stato stimato che saranno 280mila le posizioni specializzate richieste dalle imprese che da qui a 5 anni non troveranno una copertura. Binario F serve a questo. E lo facciamo anche organizzando corsi per migranti, così come per chi è nella Terza Età».

Torniamo alle fake news: siamo davvero sicuri?

«Lo siamo, e un altro nostro cambiamento è quello di essere trasparenti nel comunicare i numeri di cui si diceva. E poi: abbiamo implementato lo sviluppo del fact checking, in Italia in partnership con Pagella Politica. Ogni fake news segnalata dagli utenti viene analizzata dai fact-checker e, se il caso, ne viene ridotta la visibilità sulla piattaforma. Un mezzo che abbiamo lanciato per le elezioni del 2018 e che continuiamo a usare anche in altri Paesi, come tra poco nel voto in Israele»

E la privacy?

«Questo per noi è un argomento cruciale. Abbiamo preso come esempio lo spirito del GDPR europeo e lo abbiamo esportato in tutto il mondo. Tutti i nostri utenti ora hanno gli strumenti per proteggere i propri dati, per scegliere quando postare le proprie informazioni, per decidere quali dati aprire alla pubblicità. E su WhatsApp i messaggi sono tutti criptati: unire le nostre piattaforme in una non sarà un pericolo. Anzi, il contrario».

Insomma: qual è il futuro di facebook?

«Pensiamo agli ultimi sei anni: i trend sono stati il mobile, la privacy, i video. Adesso è il momento delle Stories e dei gruppi. Presto la metà del pianeta - penso all'Africa, all'Asia - conquisterà network più efficienti da usare con smartphone sempre meno costosi. Avremo tutti internet in tasca e una Terra senza barriere. Noi siamo pronti ad aiutarla a crescere.

E a difenderla».

Commenti