Politica

Falsa partenza

È difficile descrivere una Cosa che non c’è, soprattutto quando l’oggetto è politico. La chilometrica relazione di Piero Fassino al congresso Ds ne è la prova: in uno sforzo sovrumano, teso a inglobare culture diverse e scongiurare scissioni alle porte ormai spalancate, il Partito Democratico nelle parole del segretario della Quercia è apparso uno spazio geografico senza confini.
Se quella descritta da Fassino fosse la realtà, il risultato sarebbe un non-partito che ha rinunciato non solo alle radici, ma anche alle idee. Mentre in Francia Nicholas Sarkozy rivela di servirsi delle analisi di Gramsci perché «il potere si conquista con le idee», Fassino dal teorico del moderno Principe (il Partito) si allontana per sempre. Attenzione, non stiamo discutendo della chiusura della storia comunista, perché quella è morta e sepolta con il crollo del Muro di Berlino, in gioco oggi per la sinistra c’è altro: il socialismo.
Questa sgangherata partenza verso un’altra storia ha prodotto il paradossale risultato di segare radici assai robuste per andare a cercarne altrove di deboli e improbabili. I rabdomanti della politica sono in queste ore a caccia di modelli francamente poco esportabili. Evocare l’esperienza del Partito Democratico americano fa sorridere per l’ingenua trasposizione e per la scarsa memoria di chi la sventola come una nuova bandiera per la fusione a freddo di Ds e Margherita. Basterebbe ricordare il dibattito sulla «Terza Via» di Bill Clinton. Il discorso avviato alla fine degli anni Novanta dall’allora Presidente degli Stati Uniti aveva un punto di riferimento solidissimo, Franklin Delano Roosevelt, ma era valido solo per quel luogo mitico chiamato America. Tanto che «l’Ulivo mondiale» non ha mai visto la luce.
Erano i tempi in cui la sinistra nostrana si definiva «progressista». Gli aggiustamenti lessicali in corso d’opera sono stati tanti, il dibattito sul «cosismo» estenuante e così, stancamente, con la sola forza d’inerzia, si è arrivati a un ineluttabile oggi senza una vera identità, senza pathos, senza «elaborazione del lutto». Per queste ragioni il Partito Democratico è un’operazione matematica imperfetta, due più due quasi mai nella storia politica italiana ha fatto quattro e la somma di Ds e Margherita rischia di seguire questa sfortunata tradizione.
L’unico punto di riferimento per questa operazione di fredda ingegneria politica poteva essere il socialismo di Bettino Craxi, ma per ragioni storiche - e soprattutto biografiche dei fondatori del Partito Democratico - quel nome è troppo ingombrante ed è stato pavidamente accantonato. La questione socialista all’interno della sinistra è irrisolta e non a caso Piero Fassino ha provato in tutti i modi a rivolgere un appello agli alleati dello Sdi. Senza i socialisti, il Partito Democratico nasce monco e con la scissione dell’ala sinistra dei Ds, quella rappresentata da Mussi, presto sarà pure zoppo.
Assisteremo a un rimescolamento delle carte nel tavolo del centrosinistra. Accanto al Partito Democratico nascerà un cartello di partiti neocomunisti o antagonisti. In questo mare magnum c’è perfino la possibilità dell’emersione di un’isola socialista. Non è proprio una via alla semplificazione, ma questo scenario può servire a fare chiarezza: dal magma infatti salterà fuori chi veramente crede alla modernizzazione del sistema politico e chi invece resta ancorato al passato.
È una «frattura» che non attraversa soltanto il centrosinistra. Il centrodestra dovrà ancor più interrogarsi sulla sua forma, le sue idee e il sistema politico futuro. In Gran Bretagna i conservatori di Cameron e in Francia la destra di Sarkozy hanno aggiornato i programmi, il vocabolario, l’agenda per affrontare i problemi della contemporaneità. L’Europa è uno spazio geografico e politico più che mai in cerca d’autore. Il centrodestra italiano può cogliere l’occasione per fare altrettanto. Può decidere di non rafforzare gli argini e lasciare spazio a tentazioni neocentriste che albergano in entrambi gli schieramenti, oppure può alzare la diga del bipolarismo, avviare al suo interno un processo di semplificazione e tornare alle ragioni ideali della nascita della Casa delle Libertà e di Forza Italia in particolare.

È una sfida da cogliere subito.
Mario Sechi

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