Fanny Ardant: «Divento italiana per la Duras»
12 Dicembre 2006 - 00:00Lattrice per due sere allEliseo nei panni di una prostituta cui è stato chiesto di far innamorare un cliente in solo sei giorni
Ariela Piattelli
«Da sola non dico nulla... forse è per questo che sono unattrice, magari posso ascoltarvi». Sorride Fanny Ardant, bellissima, eterea, con tutta leleganza che si porta dietro. Lattrice francese ha invece molto da raccontare e lo fa in un italiano impeccabile. La «signora della porta accanto» sarà stasera e domani al teatro Eliseo per il primo appuntamento della rassegna «Sinfonia per corpi soli - Ritratti di donne fra parole e musica», con lo spettacolo La maladie de la mort di Marguerite Duras per la regia di Bérangère Bonvoisin.
«È un testo misterioso e ambivalente» spiega lattrice, che sola in scena reciterà in italiano la parte di una prostituta pagata in anticipo per vincere una difficile sfida: far innamorare un uomo incapace di amare in sole sei notti. «Quando ho letto La maladie de la mort ho detto subito che sarebbe stato bello interpretarlo in italiano per universalizzarlo». E la nostra lingua lha imparata dai registi e attori italiani con cui ha lavorato: «Sentivo Monicelli, Mastroianni, Scola parlare in francese con quella erre- ricorda lArdant -. Loro si sforzavano di parlare la mia lingua, io allora ho deciso di imparare litaliano in modo selvaggio. Amo lItalia, il suo cibo, il vino e il grande cinema. E amo Roma per questo ci vengo spesso». La musa di Truffaut e Resnais non nasconde lemozione per lo spettacolo di questa sera anche perché sa bene che calcherà la scena di un teatro storico della Capitale: «Per questo spettacolo sento gioia, segue però la paura, ma poi mi dico Alè, andiamo, se non ora quando!» Il teatro suscita in lei un sentimento contraddittorio, una sorta di dipendenza: «A volte penso che detesto il teatro. Alla fine di uno spettacolo mi dico mai più. Invece poi non resisto e ci ritorno. Per lattore il teatro è una forma di purificazione». Larte le scorre nelle vene e lo stesso sentimento di dipendenza ce lha per il suo grande amore di sempre, il cinema. «Teatro, cinema e televisione per lattore sono la stessa cosa, è il pubblico che cambia. E se mi chiedessero cosa avrei voluto fare da grande risponderei sempre lattrice, non potrebbe essere altrimenti». La vita e larte dunque sono legate a doppio filo e spiegando La maladie de la mort rivela la sua filosofia sullesistenza umana: «La malattia della morte è lincapacità di raggiungere laltro. Lamore dà lopportunità di uscire da se stessi. È vero, ti mette in pericolo, ma mettersi in pericolo significa dare senso alla vita. Io credo negli individui e credo che la verità della vita sia creare un ponte verso laltro».
La Ardant non vuole far nessun bilancio sul passato, «è troppo presto» dice «posso dire però che alla fine dei conti non resta nulla. Niente resiste al tempo. Resta solo lamore che si riesce a dare».
E chissà se Fanny, mentre pronunciava queste parole, stava pensando allamore che le ha lasciato Francois Truffaut, il regista suo compagno cui lei è rimasta accanto fino alla fine.