Controcorrente

Fare sesso è la cosa migliore per diventare più bravi

Lo scambio genetico rende più forte la specie. Il primo a scoprire il piacere fu un pesce 400 milioni di anni fa

Fare sesso è la cosa migliore per diventare più bravi

Il primo a fare sesso fu un pesce vissuto quattrocento milioni di anni fa: un placoderme che si aggirava minaccioso fra i fondali sabbiosi del Devoniano, protetto da una potente corazza e fornito di denti affilatissimi. Il maschio era caratterizzato da una protusione ossea che gli consentiva di raggiungere la femmina e veicolare il seme. Oggi la maggior parte dei pesci adotta una riproduzione esterna, con deposizione delle uova e successiva fecondazione. Ma all'epoca l'evoluzione tentò una strada nuova; che non venne percorsa fino in fondo: i placodermi, infatti, si estinsero e oggi solo gli squali possono dire di avere qualcosa in comune con questi antichi animali, benché contraddistinti da un'anatomia diversa. Eppure il sesso s'è rivelato il presupposto ideale per sopravvivere e consentire a una specie di progredire. Di fatto tutti i mammiferi si riproducono così. Oggi, dunque, l'argomento viene analizzato dal punto di vista comportamentale, psicologico, sociale, ma si trascura quasi sempre il quesito più importante: perché il sesso ha vinto?

Per rispondere a questa domanda è necessario sapere che attraverso il sesso avviene un fenomeno che, nelle altre forme di riproduzione, non è contemplato: si ha infatti lo scambio di materiale genetico fra la femmina e il maschio. Accade all'interno del «crossing over», una fase della divisione cellulare, in campo scientifico, meiosi. Indica che i cromosomi maschili e femminili s'incontrano nel cuore della cellula germinale (spermatozoo e cellula uovo) e, sovrapponendosi, portano allo sviluppo di un nuovo complesso ereditario che contraddistinguerà il corredo genetico del futuro nascituro. Una rivoluzione in campo biologico, perché solo in questo modo si assicura un requisito fondamentale per la sopravvivenza di una specie: un alto indice di variabilità genetica.

Con essa, infatti, una specie è in grado di affrontare le avversità e le difficoltà ambientali con maggiore abilità. E può opporsi al processo contrario di deriva genetica, che predispone a un impoverimento cromosomico, anticamera dell'estinzione. Un Dna che cambia nel tempo, non solo a causa delle mutazioni (ciò che avviene nelle specie meno sviluppate), offre a un raggruppamento tassonomico la possibilità di resistere a lungo. È la prerogativa dello sviluppo e dell'evoluzione; senza questa conquista, la selezione naturale avrebbe agito in modo diverso, e oggi non potremmo contare sull'incredibile varietà biologica che ci circonda. Ecco perché il sesso occupa un posto tanto importante nella storia di un uomo o di una donna, al pari del cibo, dell'acqua e dell'aria; siamo esplicitamente tarati per farlo, senza, però, sapere che dietro alla nostra attitudine comportamentale si cela, in realtà, una finalità ben più pragmatica: lo scambio di geni.

Non finisce qui. Sappiamo, infatti, quel che comporta una relazione sessuale; un'intesa chimica fra due persone, che può (in certi casi) trasformarsi in una relazione affettiva, alla base del più nobile sentimento umano: l'amore. Grazie al sesso, dunque, i nostri antenati hanno appreso l'arte di amare, il proprio partner, ma soprattutto i propri figli. Di fatto lo scopo è questo: mettere al mondo delle creature e poi accudirle. Non sarebbe possibile senza una tensione emotiva nei loro confronti. I pesci non badano alla cura della prole, nemmeno gli anfibi, ma qualcosa comincia a cambiare quando si giunge agli uccelli e, invariabilmente, ai mammiferi. L'evoluzione ha compiuto un lavoro certosino. Dalla necessità di un crossing over si è giunti a un coinvolgimento fisiologico sempre più complesso, che è andato di pari passo con l'incremento dell'intelligenza e del livello di organizzazione sociale. Certo, l'evoluzione proseguirà imperterrita per la sua strada, e allora la nuova domanda sarà: il sesso nel futuro avrà ancora senso di esistere?

Difficilissimo rispondere. Ma qualche ragionamento ci sta. Partendo da una considerazione già ponderata da vari centri di ricerca, fra cui quello gestito da Henry Greely, della Stanford University; secondo il quale entro una trentina d'anni il sesso non avrà relazione con il concepimento. In pratica i figli si faranno ancora, ma in laboratorio, e il sesso diverrà una pratica di puro soddisfacimento fisico (magari con un robot). Ma se fosse veramente così, si potrebbe immaginare il destino della fecondazione sessuata, che abdicherà a favore di una proposta evoluzionistica lontana da qualunque idea razionale.

Risponderà al tempo, qualcosa che l'uomo non ha ancora imparato a valutare oggettivamente: per raggiungere un traguardo del genere, infatti, non ci vorranno secoli, né millenni.

Solo fra qualche milione di anni sarà possibile rispondere a questa domanda; ma probabilmente non sarà la nostra specie a farlo.

Commenti