Cultura e Spettacoli

«Le fate» di Wagner sono nate a Venezia

Un saggio di Lucilla Castellari mette in luce il collegamento tra una fiaba di Carlo Gozzi e il debutto operistico del tedesco

Il titolo, lunghino, è accattivante: «Dal carnevale veneziano al romanticismo musicale tedesco» ovvero, per chiarire temi e percorsi, «da La donna serpente di Carlo Gozzi a Le fate di Richard Wagner». Come a dire dal Settecento veneziano del grande avversario di Goldoni, con la sua commedia improvvisata e fiabesca «di maschere», all’Ottocento tedesco del futuro creatore del «dramma musicale»: l’opera d’arte totale in cui parole, musica e azione devono fondersi in toto.
Il bel volume, pubblicato da Campanotto nella serie «Le carte tedesche» (153 fitte pagine, 15 euro) è di Lucilla Castellari che da germanista ma anche giornalista, da colonna dell’Ufficio stampa della Scala sa il fatto suo nel comunicare con i «media»: in questo caso coi lettori, anche quelli non specialisti. Ed ecco, in questo primo libro italiano dedicato all’opera del debutto operistico di Wagner, la genesi del lavoro, i contenuti, gli influssi, il legami con le successive e diversamente mature opere wagneriane, la ricezione. Il tutto esposto con linguaggio piano, accessibile quanto dettagliato e sicuro nella visione d’assieme come nel particolare rivelatore.
Che è anzitutto - capitoli introduttivi - la fortuna del teatro di Gozzi ovvero dei suoi temi fiabeschi nel Romanticismo tedesco, che tralascia i lazzi sboccacciati delle maschere (si perde il dialetto veneziano) e prende invece molto sul serio quelle storie d’amore e di magia con cui il nobile Gozzi voleva dimostrare che è possibile far digerire «qualsiasi stupidaggine» trascurando i personaggi e le situazioni dal vero («il teatro della vita») dell’avvocato Goldoni.
Opera giovanile, questa love story tra un mortale e una fata (la donna serpente, appunto) nel passare da Gozzi a Wagner permette a quest’ultimo «una creazione, sia pur aurorale, in cui il talento del giovane musicista e drammaturgo si esprime in forme già stupendamente mature». Teorema che la Castellari dimostra matematicamente.

E vince la partita della sua «opera prima».

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