Controcultura

Tra "La fattoria degli animali" e quella di Google

Tra "La fattoria degli animali" e quella di Google

Oggi a leggere i primi capitoli della Fattoria degli animali di George Orwell, c'è da scommettere che una folta pattuglia di animalisti pensi di solidarizzare con Napoleone e con la sua pattuglia di porci e cani rabbiosi che scaccia il legittimo proprietario, un essere umano, Jones, dalla sua «Fattoria padronale». Si tratta, come ben sapete, di un grande pamphlet che ironizza e denuncia i regimi totalitari, prendendo a spunto quello sovietico. E non di un foglio animalista.

Piuttosto oggi, rileggendolo, e sostituendo le caselle del comunismo con quelle della morale unica delle felpette della Silicon Valley, il risultato non cambia. Basti pensare alla pressoché unanime condivisione, da parte del pensiero unico globale, del licenziamento in tronco di un dipendente di Google da parte del dipartimento diversità, perché si era permesso, il dipendente, di credere al titolo del dipartimento stesso e dunque aveva espresso opinioni diverse da quelle dominanti. In fondo, sembra l'esecuzione che ordina il maiale fattosi re della fattoria, Napoleone, nei confronti delle indisciplinate galline. Ma non solo Google. Tutte le felpe hanno indossato l'abito moralistico di raccontarci cosa sia giusto o sbagliato. Perfetto per il funzionamento di una famiglia, meno per chi deve gestire un motore di ricerca (Google), una bacheca per condividere le nostre esperienze (facebook), un luogo dove pubblicare i nostri video (youtube) o i nostri pensierini (twitter) o infine i nostri pagamenti (paypal). Per tutti loro Orwell ha scritto: «Compagni gridò voi non immaginerete, spero, che noi maiali facciamo questo per spirito d'egoismo o di privilegio. A molti di noi realmente ripugnano il latte e le mele. Anche a me non piacciono. Il solo scopo nel prendere queste cose è di conservare la nostra salute. Il latte e le mele (e ciò è provato dalla Scienza, compagni) contengono sostanze assolutamente necessarie al benessere del maiale. Noi maiali siamo lavoratori del pensiero. Tutto l'andamento e l'organizzazione di questa fattoria dipendono da noi. Giorno e notte noi vegliamo al vostro benessere. È per il vostro bene che noi beviamo quel latte e mangiamo quelle mele. Sapete che accadrebbe se i maiali dovessero venir meno al loro dovere? Jones ritornerebbe! Sì, Jones ritornerebbe!».

Jones è il cattivo capitalismo che c'era prima delle felpe: le industrie pesanti, le botteghe dei commercianti e degli artigiani, le librerie. Non so se sia vera la constatazione acida di Orwell: «Sembrava che la fattoria fosse diventata in realtà più ricca, senza per questo far più ricchi gli animali, salvo naturalmente i maiali e i cani». Cioè le uniche due razze che in quel momento comandavano. Quel che sembra chiaro è che i nuovi maiali e cani (orwelliani, si intende) si credono tutti Napoleone e ci spiegano che cosa sia buono e giusto per noi e che cosa soprattutto sia tollerabile nella loro società ideale. Non è detto che la loro fattoria sia la nostra.

Pur producendo, essa, buon latte e ottime uova.

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