Il fenomeno dei nonni beat nella Milano del rock
30 Dicembre 2009 - 02:12È un nonno beat, che per nulla al mondo rinuncerebbe a cantare I can't get no satisfaction; proprio come i Rolling Stones, suoi unici e incontrastati idoli. Se il nipotino piange nella culla, lui è capace di staccare dal chiodo la sua Fender Stratocaster, mettere l'amplificatore a tutto volume e "tranquillizzarlo" con un a solo di Jimmy Page, mitico chitarrista dei Led Zeppelin. Un nonno degenere? Ma no. Perché di nonni così è piena Milano, anche se i soliti esperti ci dicono un giorno sì e un giorno no che questa è ormai una città vecchia e grigia (lo dice il cantautore e musicista Morgan); che dentro la Cerchia non sopravvivono più di cinque o sei locali che propongono musica dal vivo; che andando avanti così Milano somiglierà sempre più a un ospedale geriatrico (Andrea Amichetti, direttore del sito Internet «Zero»).
È vero invece che se i più giovani sembrano poco interessati ad ascoltare concerti rock perché, come dice Davide Israel, patron delle Scimmie, sono imbevuti di cultura televisiva, i loro padri, se non i loro nonni, affollano sempre più le sale-prova cittadine cimentandosi tra tamburi, amplificatori, chitarre e impianti-voce. E così, paradossalmente, mentre i nipoti stanno a casa a sbadigliare davanti a X Factor, quegli scapestrati dei loro nonni, finalmente in pensione, finalmente liberi dal pesante giogo figli-lavoro-pensieri, rispolverano la vecchia chitarra elettrica e corrono in scantinati o dentro sale insonorizzate a suonare.
Che poi lo facciano bene o lo facciano male non importa: l'importante è tornare con musica e ricordo agli Anni Sessanta quando, per una sorta di magia epocale, tutti i ragazzi suonavano uno strumento che potesse avvicinarli ai mitici Beatles, ma anche solo ai Rokes o all'Equipe 84.
Del resto c'è un altro dato a confermare la vitalità rock della terza età e viene dagli States: la Riaa, Associazione americana industriali discografici, svela che circa il 25 per cento delle vendite di dischi, da qualche anno è movimentato da un pubblico di over 50 che continua a preferire la musica di artisti ultra-cinquantenni, Elton Jones, Rolling Stones, Eric Clapton e via elencando. A Milano, questo fenomeno salta all'occhio varcando l'entrata delle numerose sale prova in cui fanno settimanalmente tappa i nonnetti del rock. «Almeno il 5 per cento dei nostri clienti - dice ad esempio Fabrizio, di Massive Arts Studios in via Villoresi 24 (mille metri quadrati, sei sale prova e tanti altri servizi per chi suona) - è composto da over 50».
Si tratta di una percentuale di tutto rispetto, considerando che sono centinaia i musicisti che settimanalmente si ritrovano qui. Pensionati ma anche medici e insegnanti varcano almeno una sera alla settimana le porte insonorizzate del centro per darsi alla pazza gioia tra batterie pestate senza pietà e amplificatori a palla... «Tutta gente che fa rock Anni Sessanta e Settanta - conclude Fabrizio - mica il liscio o il rag-time».
La percentuale di nonni beat arriva a sfiorare il 10 per cento della clientela nelle quattro sale di Free Sound, in via Washington 40 (dal 1978 anche corsi per strumentisti a tutti i livelli): «Tra i nostri clienti più agé - dice la titolare, Patrizia Cantalamessa - abbiamo anche psicologi e dentisti. Tutti rockettari duri che suonano in formazioni molto omogenee per età e per professione».
A incoraggiare gli anziani dilettanti a ributtarsi tra le braccia di Babbo Rock ci sarebbe anche, secondo gli esperti, il fenomeno delle reunion tra i grandi vecchi della musica internazionale: dagli psichedelici Pink Floyd, tornati insieme sul palco nel 2005 a Londra in occasione del Live 8 per la pace, al profondo rock dei Deep Purple il cui leader, Ian Gillan, a 64 anni suonati (è proprio il caso di dirlo) attira ancora folle di brizzolati ma anche di giovanissimi.
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