Nautica

"Fermiamo la fuga dai nostri porti"

L'INTERVISTA Il presidente dell’VIII Commissione, Luigi grillo, è ottimista nonostante l’ultimo schiaffo tedesco all’Italia.

"Fermiamo la fuga dai nostri porti"

Avviso ai naviganti: «Achtung!Achtung! Mai più nei porti italiani!». Un altro schiaffo tedesco all’Italia. L’ennesimo dopo quelli quotidiani che ci rifila Frau Merkel. Stavolta arriva da Düsseldorf, in pieno salone nautico: «Italia? No grazie! Non vogliamo pagare i debiti degli italiani. Le tasse per le nostre imbarcazioni già le paghiamo nel nostro Paese».

Stavolta, le botte, ce le siamo meritate. Perché le abbiamo cercate. L’ultima bordata è del direttore generale dell’Adac nautico, Steffen Huebich. Che manda a dire: «La tassa sulle imbarcazioni è una scelta sbagliata per lo sviluppo del turismo in Italia, Paese che vive di turismo nautico e di charter con una clientela tedesca fidelizzata nei porti italiani. Diamo per scontato l’esodo dalle coste italiane di gran parte dei nostri armatori. Questa è una procedura che non può essere tollerata e alla quale non si può dare applicazione perché produrrebbe un danno incalcolabile a tutta l’economia italiana».

Non è finita: sembra che anche un migliaio di imbarcazioni russe del «Russian Yacht Club» abbiano deciso di stare alla larga dalle nostre coste nonostante l’agreement sottoscritto lo scorso anno tra il presidente di Assomarinas, Roberto Perocchio, e quello dello Yacht Club Mosca, Sergey Moisejev.

Il senatore Luigi Grillo, presidente dell’VIII Commissione Lavori pubblici di Palazzo Madama, sta lavorando molto nel tentativo di riportare un po’ di serenità e di certezze in un settore preso a calci nel sedere da chi dovrebbe proteggerlo e incentivarlo.

Senatore Grillo, l’ennesimo schiaffo. I panzer ci asfaltano?
«Tentano... Ma la commissione che presiedo sta lavorando per tamponare la situazione. Possiamo recuperarla. Ho trovato in Corrado Passera un ministro intelligente, disponibile. La tassa di soggiorno è una tassa iniqua: così com’è produce più guasti che introiti. Sembra, infatti, che circa 20mila imbarcazioni stiano scappando all’estero. Questo non ce lo possiamo permettere. Adesso anche il ministro si sta rendendo conto della gravità della situazione. Ma devo dire anche tutto il Parlamento dove io faccio da megafono. Abbiamo un settore d’eccellenza, siamo invidiati nel mondo, produciamo i migliori yacht... Possiamo mai ignorare tutto questo, dico ignorare un settore che dà lavoro a 100mila persone, per rastrellare meno di 200 milioni? La cosa intelligente e che Ucina, con il suo presidente Anton Francesco Albertoni, sta lavorando con noi per riequilibrare questa cosa».

Però il 1° maggio è alle porte.
«Già nel decreto sulle liberalizzazioni c’è una norma che ristabilisce un minimo di equilibrio e che esclude dalla tassazione le barche straniere. Non possiamo prendere schiaffi da tutti. Però adesso stiamo lavorando su due ipotesi di emendamenti che dovrebbero garantire comunque un introito (una tassa di possesso). Ovviamente bisognerà definire la modulazione degli importi. Farò di tutto per fare introdurre questa correzione. Il ministro Corrado Passera è disponibile. In ogni caso si dovrà garantire il gettito. La prossima settimana, in Senato, inizierà il percorso di conversione del decreto. La mia commissione è direttamente coinvolta e io confido di riuscire a fare approvare questi emendamenti. A livello parlamentare c’è un ampio consenso, sia nella maggioranza sia nell’opposizione».

Il mondo della nautica le deve molto. Con il decreto del 24 gennaio è stato abolito l’obbligo della bandiera italiana sulle navi da diporto battenti bandiera extra Ue...
«Non voglio meriti. Ho semplicemente fatto notare che negli altri Paesi Ue viene ammessa la permanenza stabile di una nave nelle acque territoriali senza l’obbligo di cambiare bandiera, trattandosi di due settori completamente diversi e autonomi: l’uno relativo alla fiscalità (dazi doganali e Iva), l’altro al diritto della navigazione. Mi spiego: in Francia la cosiddetta “pratica doganale” viene da sempre effettuata senza l’obbligo dell’iscrizione nei registri marittimi transalpini. Per questo la ricca clientela internazionale degli armatori (arabi, russi, americani eccetera) ha sempre scelto la Costa Azzurra per ormeggiare stabilmente gli yacht».

Senatore, alcuni marchi prestigiosi del made in Italy non battono più bandiera tricolore...
«Sono convinto che queste nostre eccellenze dobbiamo difenderle con il coltello tra i denti. Non sono d’accordo. Dobbiamo fare di tutto per mantenerne il controllo. Poi c’è questa situazione di difficoltà, ma credo che il governo si stia muovendo bene su questo fronte. Ho trovato un ministro Passera inaspettatamente sensibile su questi argomenti».

È solo un messaggio di ottimismo o ne è convinto?
«Mi piacerebbe che i cinesi investissero per finanziare il Ponte sullo Stretto di Messina. Intanto sta lì... Nessuno si sognerebbe di portarselo via. Ma vendere ai cinesi le nostre eccellenze mi rattrista. Pur nella consapevolezza che sono le regole, strane, della globalizzazione.

Credo che questa sia anche l’opinione del governo».

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