Sanremo 2009

Festival, boom di ascolti E Benigni spara su Silvio

Il comico a ruota libera anche sulla sinistra: "Walter rialzati, dopo la sconfitta in Sardegna possiamo conquistare le Eolie". Chiusura sull'omosessualità

Festival, boom di ascolti 
E Benigni spara su Silvio

Mezzora di Benigni o mezzora di Berlusconi? Questo è il dilemma, poco scespiriano, molto sanremese. Finale tra trombate e poeti incarcerati. Altre novità? Roberto Benigni in cambio di trecentocinquantamila euro («grazie di avermiinvitato!») ha offerto il suo repertorio di ieri, oggi e domani, accolto dalle riverenze di Bonolis, sodale di compagnia guarda un po’ le combinazioni, e una citazione di Calvino (dopo quella di Pavese in avvio di spettacolo). Mezzora arrembante, benignesca con Silvio Berlusconi onnipresente in qualunque pensiero, battuta, insinuazione, una sorta di esorcismo diurno, pomeridiano e notturno. Robertilvio Berluschigni, dunque, scambio di personaggi non certo di personalità, Houdini buffo, goliardia allo statopuro, un frullato prevedibile in assenza del concorrente cornuto e mazziato: «Come faccio a fare battute su Veltroni dopo le battute che ha preso in Sardegna?»,tutto qui, un brodino ristrettissimo rispetto alla grande abbuffata governativa. E la rassegna ha coinvolto tutti ma non proprio tutti, da Napolitano a Bertinotti, da Prodi a Diliberto, nessuna notizia di Dipietroantonio, nessuna di D’Alemamassimo, grandi epurati nella satira festivaliera: «Walter rialzati! Persa la Sardegna c’è Montecristo, c’è Stromboli, c’è Caprera, magari prendiamo le Eolie. Berlusconi ha vinto in Sardegna ma la verità è che vuole la Corsica dove ha tutti i parenti, “buonaparte” almeno dei parenti. Napoleone sistemava i parenti nei granducati, Silvio sistema il suo avvocato, Scapagnini, il figlio del suo commercialista, Cappellacci, adesso c’è il suo idraulico, si chiama Tubacci, in attesa».

Poi un sussulto, riservato aMina, il fiore all’occhiello della coppia Bonolis- DelNoce,la sua apertura strombazzata dalla propaganda Rai& C, il suo canto pucciniano, nessun dorma in fotogrammi clandestini: «Mina? Ormai manda i filmati come Bin Laden, dai, fatti vedere, sei un mito, se la potessi avere qui... È diventata un mito scomparendo, come Greta Garbo, quasi quasi ho un’idea... Silvio, vuoi diventare un mito? Sparisci, non in Svizzera, più lontano, India, Nuova Zelanda, insieme con Apicella, ogni tanto manda una canzone, Silvio ti propongo di diventare un mito come Dio, ti scrivono sull’autobus, Dio non c’è godetevi la vita, Silvio non c’è godetevi la vita». Risate, applausi, ancora torte in faccia al premier, sui suoi centimetri: «Lui dice 1 e 70 la questura 1 e 60...», ancora sul lodo Alfano che si è laureato «con 110 e lodo» e ha fatto una legge non più «ad personam ma ad quattrum personam, poi a diecim, ventim a tuttibus» e qui Roberto sembrava Antonio, cioè Totò. E poi una pagina aperta sul testo della canzone della Zanicchi, voli di parole sul sesso e le trombate, roba da Mario Cioni che fu di Televacca e, finalmente, davvero finalmente, Roberto Benigni si è ricomposto restando tale e quale, da giullare ad attore, da clown a dolce dicitore, da figura a uomo, declamando (ma non proprio) la lettera scritta da Oscar Wilde, prigioniero nelle galere d’Inghilterra, con l’accusa di corruzione di minorenni, leggi anche omosessualità.

Parole d’amore dedicate a Robert Ross, il ragazzo che non poteva più vedere e più avere, pensieri alti su un tema allora atroce, vergognoso e fastidioso, oggi comunque ancora molesto, imbarazzante e, assieme, delicato, trasformato da lettera in canzone, leggi Povia e il suo discusso brano sanremese.

Benigni non ha letto. Ha recitato, a memoria, volgendo lo sguardo al pubblico e intorno, non più alla telecamera come aveva fatto durante lo show da saltimbanco, affabulando non soltanto per arte teatrale ma per profonda adesione al testo, al pensiero, alle parole dello scrittore inglese nato a Dublino. Dopo la mezzora di lazzi, razzi e fuochi d’artificio, cinque minuti di carezze, parlando di amore, sostantivo romantico, vero, senza differenza alcuna. Roberto Benigni se ne è andato mentre erano tutti in piedi a celebrarlo. Non soltanto per Silvio ma per Oscar.

Ovviamente Wilde.

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